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 Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.

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MessaggioTitolo: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyLun Ott 25, 2010 2:00 pm

RASSEGNA METODOLOGICA SUI SISTEMI DI ALLENAMENTO NELLA PIANIFICAZIONE DEL LAVORO DEDICATO ALLE SPECIALITA' DI FORZA.



Trasferendo in questa sede articoli e temi personali già pubblicati altrove – ma, come mio solito, opportunamente resettati  Cool  – inizio una disamina sintetica e selezionata, dunque non certo esaustiva, di alcune tra le più conosciute metodologie di lavoro riguardanti l’allenamento della forza e dei relativi ed annessi sistemi applicativi, con particolare riferimento alla disciplina del powerlifting ed alle specialità ivi contenute o assimilabili ad esso.
Come accennato, gli articoli rappresentano una visitazione comprensibilmente limitata e, quindi, le metodiche da me sommariamente descritte e umilmente commentate non esauriscono certo i possibili schemi in cui si estrinseca il variegato mondo dell’allenamento della forza ma ne forniscono tuttalpiù un ampio panorama, sulla scorta di una serie di motivi e ragionamenti che ho discrezionalmente (e magari erroneamente) valutato.
La connotazione di un forum mi suggerisce di imprimere agli scritti un taglio ed un periodare di stampo giornalistico, per quanto la cosa mi possa riuscire fattibile.  Rolling Eyes
Pertanto ora l’intento è quello di presentare, in modo verosimilmente succinto ma pur sempre delineato a sufficienza, la filosofia di fondo posta alla base di tali metodi, i cenni storici che li riguardano e, in taluni casi, la loro evoluzione e trasformazione da quella che ne era la stesura iniziale, con le diverse applicazioni da parte di allenatori e cultori della materia che – nel corso degli anni, in realtà territoriali differenti e di fronte a risorse umane variegate – si sono trovati ad affrontarli e porli in essere.
Per tale ragione, scandaglierò anche metodologie di più antica tradizione, qualcuna un po’ smarritasi dalle moderne routines ma non per questo superata o inefficace, anzi, spesso abbastanza motivante e fascinosa.
Alcuni dei sistemi descritti riflettono punti di vista, mentalità ed approcci differenti e, talvolta, persino opposti tra coloro che li hanno sperimentati. Ciò in quanto gli articoli che seguiranno non si prefiggono di appoggiare una linea didattica piuttosto di un’altra bensì di diffondere concetti che, nel tempo, hanno riscontrato – sia pur non in eguale misura – favori, risultati e successi, contribuendo così a costruire la storia delle specialità atletiche incentrate sulla forza ed i conseguenti criteri di sistematicità nella loro periodizzazione.
Auspico che i sistemi di seguito menzionati, elencati e riassunti non vengano visti come un insieme di formule magiche, più o meno indovinate, o come la chiave di volta per raggiungere un inatteso risultato in pedana; piuttosto come un utile spunto e motivo di riflessione per atleti, tecnici ed addetti ai lavori in merito alla continua evoluzione dei metodi di allenamento, alla svariata possibilità di tradurli in piani di lavoro concreti ed efficaci, all’importanza della loro sperimentazione pratica, diretta e sul campo; poiché, aldilà delle innegabili leggi della biomeccanica e della fisiologia, spesso lo sviluppo dell’allenamento nello sport agonistico è stato il frutto di acute intuizioni, di ponderate riflessioni e di tentativi empirici, in un incessante e appassionante rapporto intersoggettivo con quella splendida macchina che è il corpo umano, dove si fondono mirabilmente personalità, temperamenti e individualità sempre originali.

Goodlift a tutti  cheers

_______________________________________________________________________________________________




INDICE  DEGLI  ARGOMENTI


pag. 1)

I - I Sistemi a onde

II - Applicazione del metodo degli sforzi ripetuti: i sistemi con gruppi di serie a numero costante di ripetizioni
-  5x5 di Bill Starr
- Il sollevatore paziente
- la variabile della serie
- lo schema ciclico del volume di forza

digressione sul lavoro complementare all'esercizio base  

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pag. 2)

III - I Sistemi piramidali
- piramide classica - tronca - irregolare - inversa - rafforzata - a reps costanti - doppia - iversa ad espansione di serie -
- a base larga e stretta - a carico discendente ed ascendente nella serie

Applicazioni distributive del metodo degli sforzi ripetuti:
- IV - Sistemi con gruppi a fasi di serie

quesiti, critiche ed approfondimenti circa il Sistema per fasi di serie

V - Il "contrasto" di Spassov o metodo bulgaro

VI - Il metodo degli Sforzi massimali

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pag. 3)

Sistematiche di allenamento specialistico
VII - varianti ed adeguamenti del Sistema di Korte

VIII - Il metodo Ladder

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pag. 4)

IX - il ciclo (russo) di Medvedev

X - lo Smolov squat routine

XI - Smolov routine II parte:  Smolov/Feduleyev ed altri

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pag. 5)

XII - Coan deadlift routine

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Ultima modifica di Tonymusante il Mer Set 04, 2013 11:47 am - modificato 9 volte.
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyLun Ott 25, 2010 2:06 pm

credo di aver già letto già in un'altra sede questa tua dissertazione, ma visto che è rivisitata sono contentissimo che tu la scriva anche quì, ho trovato interessante soprattutto l'articolo sul korte che infatti stò seguendo Very Happy
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyLun Ott 25, 2010 2:24 pm

I SISTEMI A ONDE



La metodologia dell’allenamento “a onde” si erige sul concetto della periodicità ciclica di un dato schema di lavoro e fonde i principi della progressività del carico con quelli della graduale assuefazione alla ripetitività dello stimolo allenante.
Nel corso dei decenni il sistema originario ha subito diverse varianti, anche portanti e basilari, creando una vasta gamma di applicazioni pratiche dell’idea di onda, che spaziano dall’onda dei carichi e delle serie, alle onde delle sedute di allenamento, fino alle onde intese come successione dei microcicli nel corso di una fase o di un mesociclo.

Tuttavia, l’applicazione primordiale è quella del "carico a onda", che nasce nel mondo del sollevamento pesi olimpico e - come è accaduto spesso - viene poi esteso, copiato, mutuato o modificato per altri settori e specialità di allenamento con i pesi o dove, comunque, i pesi siano alla base della preparazione specifica.
Nel caso ora in esame, di norma, si parte scegliendo un numero prefissato di "serie" da eseguire (solitamente 3), ciascuna con un altrettanto prestabilito "carico" e conseguente numero di ripetizioni. Ogni gruppo di serie (set) costituisce l'"onda", da ripetersi appunto più volte (e cioè, a ondate): in genere dalle 2 alle 4 volte, per complessive 6 o 12 serie.
Chiaramente, la scelta è indicativa ed è molto condizionata dal livello dell'atleta, dalla sua anzianità di allenamento agonistica e, principalmente, dalla specialità oggetto della preparazione (12 serie di panca non equivalgono a 12 serie di stacco o di strappo, a parità di parametri di carico presi a riferimento).
Un altro punto importante è la scelta del numero di ripetizioni da eseguire in ogni serie e, quindi, da ripetere per ogni "onda". Anche in questo caso l’opzione è determinata dalle qualità che si intendono allenare (forza massimale, relativa ecc.), dagli obiettivi (competizione, ipertrofia, allenamento di forza applicato ad un esercizio in periodo non competitivo, ecc) e, come sempre, dalla disciplina sportiva che si vuole migliorare.
A titolo esemplificativo, elenco alcuni tra i più diffusi schemi di applicazione del "carico a onda”:
a) onda 3 - 2 - 1, normalmente usato per lo sviluppo della forza relativa in atleti di alcuni sport di potenza o forza massimale o esplosivi balistici;
b) onda 5 - 3 - 2, (anche 6 - 4 - 2), usato per l'allenamento delle qualità di forza in periodi non estremamente ravvicinati alla competizione;
c) onda 7 - 5 - 3, particolarmente rivolto ad atleti di sport di combattimento (es. lottatori) che intendano passare ad una categoria di peso superiore con apprezzabili guadagni in ipertrofia, sommati però all'irrinunciabile allenamento della forza.

E' evidente che si tratta di proposte e semplificazioni che devono poi essere plasmate, sulla singola fattispecie, dall'occhio attento del tecnico che decida di adottare il sistema di cui parliamo.
Normalmente sono previsti carichi di alta intensità rispetto al numero delle ripetizioni prescelto (es. 5x80% - 3x85% - 2x90% ed oltre) per cui è molto arduo superare la terza "onda": 3xn - rest - 2xn - rest - 1xn - rest - da ripetersi per 2 o 3 onde, per un totale di 6 o 9 serie.
Il tempo di recupero (rest) varia e può essere inferiore tra le singole serie (2’ o 3’) e maggiore tra le onde o gruppi di serie (nel caso di carichi percentualmente molto elevati anche 4’).


Secondo Poliquin, che cita il sistema del carico a onda tra i suoi 10 metodi preferiti per l'allenamento della forza massima, detto sistema si basa sul principio allenante che lo scienziato tedesco D. Schmidtbleicher ha chiamato della "facilitazione neurologica post tetanica"; in base ad esso, gli atleti considereranno la prima onda l'ostacolo più duro, per poi gradualmente assuefarsi (entro certi limiti, aggiungo io) e recepire le "onde" successive come più accessibili.
Premesso che - per il citato studioso teutonico - l’atleta raggiunge il proprio potenziale di forza più velocemente se in precedenza ha usato metodi che favoriscano lo sviluppo della massa muscolare e subito dopo attua metodi che incentivino l’aumento dell’attivazione nervosa delle unità motorie, ne consegue che il sistema a “onde” viene visto come una sinergia di mezzi per ottenere, nel contempo, prima l’ adattamento del sistema neuromuscolare tramite serie di accumulo e, a seguire, la stimolazione dello stesso attraverso delle serie di intensificazione.


Questo medesimo principio ha condotto anche a delle significative varianti della metodologia: una di queste, in particolare, è quella di pianificare le onde non relativamente alle serie, nell’ambito della sessione di allenamento, ma contemplandole come “onde di sedute” (sempre essenzialmente 3 ) all’interno di un microciclo, perlopiù settimanale.
L’onda delle sedute potrebbe essere quindi programmata come segue:
lunedì/ sessione a carico medio – mercoledì/sessione a carico leggero – venerdì/sessione a carico pesante.
In questo modo e seguendo tale concetto di periodicità, in luogo di una vera e propria distribuzione temporale in fasi di volume e intensità, nell’onda settimanale coesisterebbero le prime due sedute, che consistono nella parte dedicata all’accumulo e l’ultima sessione rivolta invece all’intensificazione
Si tratta al solito di un esempio, che potrebbe essere dilatato sia nel numero delle onde/sedute, sia nella durata del microciclo (9 o 10 gg.).
Quello appena descritto è uno dei sistemi di applicazione prediletti dal coach Staley.


Altra possibile variante del sistema ad onde – che definirei improprio, per comodità - potrebbe essere rappresentata, su di un piano ancora più esteso, dalle “onde dei microcicli (o settimane)” nell’ambito del mesociclo.
Il caso forse più conosciuto è quello del “pendulum wave” adottato nel sistema Westside di Simmons, dove - relativamente al lavoro dinamico – si ha un’alternanza di carichi plasmata nelle settimane, così da avere mesocicli a bassa intensità ed altri ad intensità più elevata ma con onde di ripetizione trisettimanali.
Esempio classico: 1° sett.na 12x3x 55% - 2° sett. 10x3x60% - 3°sett. 8x3x65% (le percentuali sono, come sempre, puramente indicative e da rapportare all’esercizio in esame ed al curriculum, anzianità e livello dell’atleta di cui trattasi).


A questo riguardo, mi fa piacere ricordare e descrivere una versione italiana sul tema delle onde dei microcicli, che ho avuto l’onore di conoscere – e poi sperimentare personalmente su me stesso e su altri atleti - dal maestro Enrico Violanti.
Lui era solito applicarla alla specialità di bench press e riservarla ad atleti di valore medio/alto oppure alto che - per svariati motivi - dovessero recuperare, in tempi moderatamente solleciti, un pregresso stato di forma nei carichi. La progressione, con percentuali calcolate sul massimale del momento, era:
1° sett.na, 6/10x4x70-75%; 2° sett. 8x3x80-85%; 3° sett. 6/8x2x90%; l’onda ricominciava analogamente e proseguiva nella 4°,5° e 6° settimana con leggeri incrementi delle percentuali, poi prevedeva un test ed uno scarico nella 7° settimana e successive nuove onde, con percentuali da quel momento ovviamente riviste sulla scorta del nuovo PR nel frattempo auspicabilmente raggiunto.
La variabilità nel numero delle serie era legata alle caratteristiche dell’atleta, alla tipologia del precedente allenamento e alla necessità di prevedere maggior volume su serie a bassa intensità o al contrario un volume costante, in combinazione con altri schemi previsti nelle sessioni del microciclo da sviluppare autonomamente rispetto a quello descritto.
Il sistema si prestava, con opportuni ritocchi, anche a incrementi prestazionali su atleti di livello intermedio e garantiva solidi riscontri per circa 3 o 4 mesi senza significative modifiche di approccio.
E' il caso di precisare che la sessione coincidente con il carico ad onda poteva essere accompagnata - nella settimana o nel microciclo - con altra seduta di bench press organizzata su diverso schema ed entrambi i programmi procedere parallelamente. In alternativa, qualora ci si fosse voluto basare esclusivamente sulla metodologia ad onde, le sessioni potevano anche avere una cadenza su 4/5 giorni anziché settimanali.


In ogni caso e riferendoci soprattutto alla sua versione originale di “serie a onde”, il sistema in parola è da considerarsi un’applicazione di allenamento adatta ad atleti non principianti ed a strutture genetiche ben predisposte.
Trattasi sempre – è bene ripetersi - di protocolli molto impegnativi e, in quanto tali, li applicherei principalmente nelle specialità di gara di sollevatori ed alzatori o, se il discorso riguarda altra tipologia di atleti, comunque su esercizi multiarticolari e che coinvolgano gruppi muscolari rilevanti.
Le alzate olimpiche si prestano favorevolmente all’applicazione di questo sistema che ha, infatti, una tradizione pluridecennale nel campo della pesistica (proprio Poliquin, tra gli altri, sostiene di averlo conosciuto sulla base del lavoro svolto da Pierre Roy con la nazionale canadese di Sollevamento Pesi ).
Per fare invece qualche esempio, che non attenga alle solite specialità di PL o WL ma che tuttavia sia inerente ad esercitazioni utilizzate anche in quei settori, posso dire che il sistema del carico ad onda è stato spesso impiegato nell'esercizio del front squat o della distensione lenta (shoulder press) in piedi.
Si consideri anche che questo sistema di allenamento richiede un considerevole lasso di tempo ed un dispendio non certo irrisorio di energie nervose, per cui sarebbe problematico (oltre che a mio avviso discutibile nella logica di applicazione) adoperarlo, ad esempio, per il curl del bicipite.
Rimane poi fondamentale il curriculum ed il background del soggetto allenato, in base al quale stabilire se, quando e su quali esercitazioni in particolare, sia il caso di applicare tale metodica e non altre.
Seguendo i vari reports su riviste o libri che parlano dell'attuazione di questa specifica tipologia di carico a onda, si legge di improponibili percentuali tipo: 3x90% - 2x95% - 1x100%.
Viene spontaneo domandarsi come sia possibile ripetere per più onde un carico massimale (100%), per giunta dopo le altre serie pesanti.
Nella pratica, rendiamoci conto che spesso tali sistemi sono stati adottati - in certe realtà, talvolta di caratura internazionale - su atleti di elite e, per giunta....non natural: per questi fenomeni, indiscutibilmente di genetica non comune ed inoltre "adeguatamente supportati", il cosiddetto 100% tre settimane dopo non era più tale e, pertanto, poteva essere tranquillamente inserito in routine, poichè nel frattempo declassato a submassimale; salvo poi registrare il rapido, repentino decondizionamento dell'atleta dopo la gara effettuata.

Ecco perchè ritengo non sia corretto copiare alla lettera i presunti massimi sistemi senza adattarli, appunto, alle diverse fattispecie atletiche in casistica.


A livello di esperienza personale, posso riportare una mia applicazione dell'onda 3-2-1 riferita ancora all'esercizio di bench press, e cioè: 3x80-85%, 2x85-90%, 1"fermo"x88-96%, dove le serie triple e doppie erano talvolta eseguite senza fermo al petto e rimanevano a carico invariato nel corso delle settimane, mentre le singole "con il fermo" progredivano di un 2% a settimana per 5 settimane (la sesta scaricava).
Quanto sopra per seguire il principio della progressività del carico nelle serie allenanti.
Al di la di quel si potrebbe pensare, non ho applicato nel corso degli anni il sistema del carico a onda solo alla panca orizzontale ma, precipuamente, ho spesso adoperato la versione 3/2/1 nei programmi di stacco da terra anche recentemente e con apprezzabili risultati.
Nella preparazione al deadlift, tuttavia, preferivo capovolgere la corrente d’onda con una successione di ripetizioni nella serie pari a: warm up progressivo /1/2/3.
In tale circostanza le serie da 2 e 3 reps erano viste solo come attivazione e consentivano, con il loro intermezzo, un recupero più ampio tra le successive singole (persino 4 in 4 onde), pur perseguendo il contemporaneo obiettivo di un cospicuo volume: 12 serie complessive e fino a 8’/9’ di recupero attivo tra le singole.
In linea generale la composizione, l’intensità e ripartizione delle onde dipendono da molte circostanze, tra cui: il momento della preparazione, l'età agonistica del soggetto, il fatto che prepari una gara di specialità solo nella disciplina oggetto di questo sistema di allenamento o se debba invece allenarsi contemporaneamente per altre specialità, eccetera.

Ricordiamoci sempre che tutte quelle appena citate sono sempre e solo indicazioni da cui trarre spunto, le variabili possono essere molte e spesso sono necessari dei correttivi in corso d'opera: fa parte della conoscenza mai completa della nostra "macchina" umana e penso rappresenti uno dei lati più belli della ricerca.
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyVen Nov 12, 2010 1:12 pm

APPLICAZIONI DEL METODO DEGLI SFORZI RIPETUTI

- I SISTEMI CON GRUPPI DI SERIE A NUMERO COSTANTE DI RIPETIZIONI




Si tratta di sistemi di allenamento nei quali la costante sicura è rappresentata dal numero di ripetizioni da eseguire nell’ambito delle serie; numero che, appunto, rimane stabile sia nel corso della sessione sia di tutti i microcicli prefissati.
Le variabili possono essere invece rappresentate dal numero crescente delle serie, ad invariabilità di carichi, durante gli allenamenti di volume (es. 4x6, 5x6, poi 6x6 ecc.) oppure dai carichi stessi, che sono incrementabili ad invariabilità di serie e ripetizioni (es. 5x5x75%, 5x5x78%, 5x5x80% e così via).
Queste appena dette sono le progressioni più comuni ma, ovviamente, nulla vieta di aumentare alternativamente, oppure ondulatoriamente, sia carichi che serie o anche di puntare – molto più raramente - sulla progressiva e ciclica diminuzione dei recuperi, in quelle sessioni di condizionamento generale che precedano i mesocicli di forza veri e propri (es. 4x6x70% rest 3’, 4x6x70% rest 2’30”, 4x6x70% rest 2’, segue 4x6x75% rest 3’ e si ricomincia).

Normalmente tali metodi, nell’ambito dei programmi di allenamento per la forza, vengono utilizzati in apposite sessioni di tipo “medio” o “mediumlight”, che definisco di “appoggio” alle vere e proprie sedute di allenamento della forza specifica o sub massimale.
In uno schema, che preveda 2 sedute settimanali dedicate ad un determinato esercizio (o alzata), è possibile portare avanti due diverse metodologie, delle quali una, quella dedicata al volume o al mantenimento della forza generale acquisita e che ci interessa in questo frangente, può ben essere rappresentata da un sistema di progressione dei carichi o delle serie a numero di ripetizioni costanti.

Nella letteratura dell’allenamento e preparazione delle specialità di forza vi sono diverse esemplificazioni pratiche del genere; proverò a ricordarne qualcuna, sicuramente influenzato dalle mie esperienze agonistiche personali e dai settori nei quali ho operato.



5x5 di Bill Starr

Nello specifico di questo argomento, è uno dei sistemi a numero di ripetizioni fisse tra i più conosciuti.
Di regola, partendo dal considerare il “5” come un numero quasi magico, stabilisce l’invariabilità non solo nel numero delle ripetizioni ma anche delle serie, prevedendo un progressivo ma costante aumento dei carichi come fattore intensità.
Tecnicamente e didatticamente è stato formulato dal noto preparatore atletico di fama internazionale Bill Starr.
In realtà, è una versione pressoché corretta e rielaborata del vecchio programma di allenamento seguito negli anni ’50 dal bodybuiler inglese Reg Park.
Siccome Starr è venuto dopo Park e sa vendersi molto bene (oltre ad essere senz'altro molto bravo), quasi tutti conoscono questo sistema tra i metodi di base per l'incremento della forza a partire da quando il celebre allenatore lo lanciò pubblicando, circa 30 anni fa, il suo "Only the strongest shall survive", che fece tale fortuna da costituire, in seguito, il titolo della sua rubrica fissa sul periodico Ironman.
Il sistema prevede che il carico possa essere aumentato nel corso dei microcicli solo quando nella seduta precedente tutte le ripetizioni di tutte le serie siano state completate con successo; in caso contrario, il carico deve essere mantenuto inalterato; qualora si verifichi addirittura un decremento prestazionale per il quale, con un carico aumentato, non siano state completate perlomeno 14/15 ripetizioni totali nelle 5 serie preventivate, il carico va adeguatamente diminuito (es.1 – 100kg. x 5/5/4/3/3 in 5 serie: il carico resta invariato nella sessione successiva; es.2 – 100kg. x 4/3/3/2/2, il carico diminuisce).
E’ evidente che per ottenere una progressione sufficientemente duratura del sistema è opportuno iniziare con una percentuale di carico moderata - nell’ordine del 75% e anche meno - e procedere con incrementi nell’ordine del 2%.
In alcune varianti apportate al sistema originario, Starr ha previsto – sempre nell’ambito delle 5 serie complessive - 2 serie di avvicinamento all’intensità allenante e 3 successive serie clou, es: 5x5x risp.te 90/95/100/100/100 kg.
A mio avviso, le progressioni di carico e il sistema in generale così concepito funziona con efficacia quanto più l’atleta sia in fasi iniziali o intermedie; con l'atleta avanzato e ancor più sull'esercizio dove è maggiormente avanzato non funzionano più; ecco perchè Starr aveva buon gioco a prevedere questo sistema su esercitazioni di prevalente potenziamento funzionali al gesto di gara, nella preparazione di atleti ai quali dovesse esser poi applicato un transfert successivo per la loro specialità ma non sullo stesso gesto principale; chi le ha utilizzate sull'esercizio di gara, dopo 1 o 2 esperienze, generalmente non ha raccolto risultati apprezzabili.



Il “Sollevatore paziente”

E’ il sistema elaborato e diffuso da Charles Poliquin e fondato sulla metodologia degli “sforzi ripetuti”.
Non differisce di molto dal precedente sistema di Starr poiché, come quello, si basa sulla ripetitività dello stesso numero di ripetizioni a costanza di serie, prevedendo un graduale incremento dei carichi.
Le principali differenze sono date dal numero di ripetizioni target, che scendono da 5 a 4 e dal numero complessivo delle serie che sale a 6, quasi come si intendesse in tal modo lasciar inalterato il volume complessivo delle alzate.
Una differenza marcata rispetto al 5x5 di Starr è costituita dalla partenza del programma. Esso infatti non prevede che le 4 reps siano immediatamente ottenibili ma le considera una meta, un “target” appunto, su cui in seguito insistere per riuscire ad eseguirvi, via via, un carico maggiore.
Allo scopo, il celebre preparatore canadese prevede un carico base oscillante tra l’80 e l’87% (a seconda del periodo temporale per il quale si intenda protrarre lo schema), che nelle intenzioni di massima dovrebbe consentire non più di due agevoli ripetizioni per tutte le 6 serie di durata. L’ulteriore incremento dei carichi dovrebbe avvenire solo allorché vengano raggiunte e poi completate tutte le agognate 4 ripetizioni delle 6 serie, pena – in caso contrario - una ripetitività estenuante della routine da parte del lifter che, proprio per tale motivo, dovrà necessariamente rivelarsi….d’indole molto paziente!
In un programma a medio/lungo termine, che preveda una sessione fissa basata sulle serie a numero di ripetizioni costanti, i sistemi di Starr e Poliquin potrebbero completarsi vicendevolmente, con i dovuti accorgimenti, e succedersi nei mesocicli:
es.) 5 o 6 settimane con 5x5 e successivo mesociclo di analoga durata con 6x4.



La variabile della serie

A differenza dei precedenti casi menzionati, in questa applicazione si da per costante non solo il numero delle ripetizioni (generalmente 5) ma anche un carico prestabilito; la variabile è invece rappresentata dal numero delle serie che aumenta in ogni microciclo, per totalizzare, al termine del mesociclo, un cospicuo volume di lavoro di forza alla data intensità di carico predeterminata.
Es.) 6 microcicli con il seguente sviluppo: 5/6/7/8/9/10 x 5 x 80%.
La scelta delle 5 ripetizioni non è casuale ma dettata da alcune considerazioni, pur sempre approssimate e convenzionali ma che tuttavia scaturiscono da basi di fisiologia muscolare.
Si parte infatti dal presupposto che il tempo necessario ad effettuare non oltre 6 ripetizioni, con un carico ad esse proporzionali, possa incidere considerevolmente sulla qualità di forza muscolare e che, nel contempo, tenersi sopra il range delle 2-3 ripetizioni consenta di non sovraccaricare l’SNC in maniera apprezzabile.
Ecco perché, entro tale logica, le sessioni che tendono a migliorare o mantenere i livelli di allenamento della forza generale – e quindi i volumi di lavoro su detto parametro – senza sfociare nella forza sub massimale o in quella specifica per le prove di gara, si incentrano prevalentemente tra le 4 e le 6 ripetizioni.
In questo intervallo è possibile allenare la forza nella sua accezione più classica e generale dell’espressione muscolare: con un’intensità maggiore, che implichi perciò un ridotto numero di ripetizioni, la qualità di forza si mescola alle qualità di potenza ed esplosività – peraltro non meno importanti – ed entra anche massicciamente in gioco il ruolo del sistema nervoso; all’opposto, con un’intensità minore (e più ripetizioni), la forza permane ma trasforma le proprie caratteristiche in forza resistente e resistenza alla forza.
Come sempre, tutto dipende dagli obiettivi contingenti ed a medio termine, dalle specialità praticate e dai parametri che si intendono allenare o migliorare o a cui, semplicemente, ci si vuol dedicare in quel frangente temporale.



Lo schema ciclico del volume di forza

Nel corso degli anni si è tentato di periodizzare il lavoro sulla forza generale, non limitandosi a dedicarvi un unico mesociclo o una sessione stabile di mantenimento e richiamo ma ciclizzando i microcicli fondati su sistemi a numero di ripetizione costante nell’ambito di più mesocicli.
Tra i tentativi del genere, si può segnalare quello del Dott. Mauro Di Pasquale, campione di powerlifting italo canadese e medico ricercatore di chiara fama.
In alcuni scritti su riviste specializzate, egli ha sostenuto di aver preparato la partecipazione ai Campionati del Mondo nella specialità di bench press con programmi di allenamento articolati in 18 settimane e suddivisi in 3 mesocicli ciascuno.
Nei primi 2 mesocicli attuava un lavoro incentrato esclusivamente sulla forza generale e consistente in media di 5 micocrocicli + 1 di scarico in ogni mesociclo: in ciascuno di essi, lavorava l’alzata in 2xweek con, rispettivamente, 5 serie da 6 ripetizioni nel primo mesociclo e 5 da 4 nel secondo.
Dopo 12 settimane si procedeva al mesociclo di intensità fondato su 5 microcicli, nei quali la sessione di forza generale si riduceva ad una sola e veniva inserita la sessione di forza specifica e massimale (che esula dall’odierno articolo); in un’altra seduta settimanale erano trattati i complementari agli esercizi di gara.

Stephan Korte, campione di PL degli anni ’90, ha anch’egli dedicato un intero mesociclo – da lui definito 1^ fase – al lavoro di volume con serie a numero di ripetizioni costanti. Tale fase durava 4 settimane, in un ciclo di 8 complessive da 2 fasi.
Korte eseguiva dai 2 ai 3 cicli così pianificati in previsione di una competizione mondiale, per un totale di 17-25 settimane compreso lo scarico pre-gara.
Il Korte 3x3 (così denominato dall’autore) sarà in seguito oggetto di un post esplicativo specifico.

___________________

In materia di organizzazione ciclica del lavoro di volume sulla forza, vorrei esporre un programma che mi fu proposto diversi anni or sono e che attuai con discreti risultati.
Consiste in un macrociclo di 14 o 15 microcicli settimanali, raggruppati in 3 mesocicli, rispettivamente di 4 - 4 - 5/6 microcicli (più quello finale di scarico), con tre sessioni settimanali di allenamento, comprensive dei complementari.
In esso e per tutta la durata del programma, è previsto stabilmente il lavoro di forza generale con serie a numero di ripetizioni costanti, nella misura di 1 seduta settimanale.
Attuai il programma ovviamente…..per la specialità di bench press… (e come potevasi dubitarne!), inserendovi ed applicandovi gli accorgimenti che tale fattispecie richiedeva; analogamente, negli anni successivi, l’ho propinato a molti ragazzi perché lo considero un buon approccio per creare le giuste basi della forza, inserendo contestualmente delle esercitazioni tecniche “ad hoc” (l’assimilazione del “fermo”, nel caso della panca), utili per il controllo dell’assetto di gara, del bilanciere e della simmetria della traiettoria e, in genere, per acquisire padronanza del gesto atletico.
Rappresenta, a mio avviso, un mezzo valido e di facile assimilazione per un graduale ma consistente passaggio dall’allenamento con i pesi generico e della forza, più in particolare, a quello con velleità agonistiche e peculiarità di specializzazione, che tuttavia non trascuri appunto le solide basi di forza generale, importanti per tutti ma ancor più per i giovani e gli atleti in fase di sviluppo e maturazione a livelli intermedi.
Il programma consisteva in 3 sessioni nell’ambito del microciclo settimanale, con due sedute dedicate all’alzata/alzate clou.
Tralascio di descrivere l’intero programma, in quanto non pertinente in questa sede, ed espongo lo schema di lavoro sull’esercizio prioritario nelle due sessioni, l’una di volume sulla forza generale e l’altra più specifica su quella sub massimale, prendendo sempre ad esempio la bench press.
Le percentuali di lavoro restano indicative e da valutare soggettivamente dal coach.

I mesociclo (4 microcicli):
sessione A) 5/6/7 (fino a 8 ) serie a salire in 3 weeks e 4/5 serie nell'ultima sett.na, tutte da 5 reps. x 75%,
sessione B) 3x3 (1” fermo)x 75-80-85-87% e 2x3 (3”)x 70-75-80-82%);

II mesociclo (4 microcicli):
sess. A) 4-8 sets a salire e decrescere nelle 4 weeks (come sopra) x 5 x 78-80%,
sess. B) 3x3 (1”) x 77-82-85-90% e 2x3 (3”) x 72-77-82-85%;

III mesociclo (6 microcicli):sess. A) 4/5/6/5/5/4 x 5 x 80-85%,
sess. B)
1/2x1 f. x 90-92-94-92-95%, no, test
2/3x2 f. x 88/90%,
3/4x3 f. x 85%.

Se si prescinde dall’esecuzione del “fermo”, uno schema analogo può essere utilizzato in 2xweek anche per lo squat o la distensione lenta; idem per lo stacco da terra, qualora si applichino degli esercizi specifici nella sessione B (stacchi in piedi sui rialzi e pin pull) con serie da 2/3 ripetizioni e in alcune sessioni A) venga, preferibilmente, eseguito lo stacco in stile non conforme a quello di gara.

Come si può vedere le possibilità di spaziare sono molteplici.




Digressione sul lavoro complementare all’esercizio base:

per mie convinzioni e impostazioni ricevute da chi in passato mi ha guidato, non inserisco mai i complementari sinergici - ossia riguardanti la stessa catena cinetica dell'esercizio base - nella medesima sessione in cui ho allenato l'alzata principale, a meno che chiaramente non sia stata una sessione squisitamente tecnica e blanda come intensità.
Non prediligo routine nelle quali alla bench press (ad esempio) discretamente pesante segua il lento avanti, la french press, i dip o la panca stretta, poichè parto da quest'ordine di considerazioni: nel fare la bench press, i deltoidi e i tricipiti si stancano prima del pettorale per minor estensione volumetrica delle fasce muscolari e ridotta capacità di carico; in altre parole, quando non completo l'ultima serie prevista di bench press, è presumibilmente perchè ad andare in stallo è stato il tricipite e non il gran pettorale.
Dunque, se dopo una buona seduta di panca riesco ad allenare isolatamente il tricipite o il deltoide anteriore, vuol dire che ho sotto allenato l'alzata clou; se invece ho rispettato il programma allenante sulla bench press, i lavori di isolamento sui muscoli più piccoli ne risentiranno e mi condurranno il muscolo in overtraining lattacido per la prossima seduta o, quanto meno, non sarò in grado di allenarli in sufficiente condizione di integrità di ATP.
Il discorso sarebbe al contrario valido se fossi interessato ad una routine di bodybuilding: in tal caso il muscolo prestancato lavorerebbe a bassa intensità ma in alta acidosi e mi condurrebbe (si spera) ad un buon pompaggio o grado di resistenza al volume di lavoro per le serie a cedimento; ....ma poichè solitamente non alleno bodybuilders, questa condizione non mi interessa e cerco di mantenere le migliori condizioni di integrità alattacida dell'atleta affinchè esprima il proprio potenziale di forza e potenza ed evito di abbinare esercizi che lo costringerebbero a contare - ad esempio - 8 serie allenanti sul gruppo muscolare maggiore (quindi sul pettorale, nel caso della bench press) e ben 12 sul minore (ad esempio 4 di lento avanti + 8 di bench per il deltoide anteriore), che per me rappresenterebbe un controsenso.

Dunque, sempre parlando di esemplificazioni generiche (prendiamo ad es. esclusivamente lo squat e la bench press), in un eventuale programma 2xweek sull'alzata "X", mi regolo così:

sessione A) bench/squat,
sessione B) complementari di bench press o di squat o entrambi,
sessione C) squat/bench.

E' un esempio tra i più classici ma vi sono molteplici possibili combinazioni.
In un diverso programma 3xweek sull'alzata il discorso cambierebbe (non a caso Korte non prevede complementari) ma ora esula dalla trattazione degli schemi appena descritti.
Alla luce di ciò, se per fare un esempio si predilige la panca ad impugnatura stretta (che reputo un grande esercizio) e la si vuol inserire in un contesto che preveda il sistema di volume con ripetizioni costanti (sempre per restare in tema), non la farei seguire ad una routine di bench press nella medesima seduta, bensì prevederei:

1^ sed.) bench press di volume con una delle tipologie descritte,

2^ sed.) bench press close grip o altro complementare (anche 1 complementare per il tricipite ed 1 per il deltoide da 4+4 serie a fronte di eventuali 8 di panca nelle altre sessioni),

3^ sed.) bench press (2°sess.) di forza sub massimale o specializzazione tecnica, ecc.

Invece, nelle sessioni dedicate alle alzate principali, inserirei gli esercizi o i complementari per gli antagonisti (es. trazioni, curl bicipiti) che non sono stati già stressati e possono quindi lavorare anch'essi sul parametro forza con serie da 5/6 rip (multiarticolari) o stile BB (in isolamento: es, bicipiti e polpacci).

Per quanto riguarda i manubri, che non utilizzo molto (ma tuttavia....uso), adotto shoulder press e distensioni su panca inclinata, rematore, vari curl per i bicipiti, sempre nel rispetto delle osservazioni sopra cennate.
E' chiaro che alla fine, in chiave agonistica, questi esempi non sono applicabili per tutta la durata della stagione ma occorre che siano anch’essi opportunamente periodizzati, soprattutto se si vuole inserire il lavoro equipaggiato.


Ultima modifica di Tonymusante il Ven Gen 28, 2011 3:21 pm - modificato 4 volte.
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyVen Nov 12, 2010 4:51 pm

spettacolare!!!bellissimi articoli!
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptySab Nov 13, 2010 9:26 am

Wink
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptySab Nov 13, 2010 10:00 am

Ottimo Tony!
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyLun Nov 15, 2010 10:09 am

@newnewdeal - gladionar - Hencas - UngePL:

Very Happy grazie a tutti; sono contento se gli articoli suscitano interesse e mi auguro possano fornire spunto per studi, riflessioni e utilizzi pratici.
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyLun Nov 15, 2010 10:15 am

spettacolo!
certo che interessano!!
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyLun Nov 15, 2010 10:17 am

Tonymusante ha scritto:
@newnewdeal - gladionar - Hencas - UngePL:

Very Happy grazie a tutti; sono contento se gli articoli suscitano interesse e mi auguro possano fornire spunto per studi, riflessioni e utilizzi pratici.

Qui pendiamo dalle tue labbra( dita) Wink
Rendici partecipi della "Forza" cheers
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyLun Nov 15, 2010 6:27 pm

ottimo lavoro!
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyLun Nov 15, 2010 6:30 pm

Tonymusante ha scritto:
@newnewdeal - gladionar - Hencas - UngePL:

Very Happy grazie a tutti; sono contento se gli articoli suscitano interesse e mi auguro possano fornire spunto per studi, riflessioni e utilizzi pratici.

quando parlerai specificatamente del korte ti farò sicuramente una domanda Very Happy
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyLun Nov 15, 2010 6:32 pm

mi sa ne ha gia parlato su bb home page newdeal!
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyLun Nov 15, 2010 7:11 pm

lo sò, ma non sono registrato lì, quindi per comodità quando lo posterà porrò la domanda quì Very Happy
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyMar Nov 16, 2010 8:40 am

NewNewDeal ha scritto:
lo sò, ma non sono registrato lì, quindi per comodità quando lo posterà porrò la domanda quì Very Happy


ok, nessun problema. Sto seguendo un certo ordine di categoria mentale molto personale - e quindi cervellotica Very Happy - per cui, nella rivisitazione degli articoli che sto operando per inserirli in questa sede ed anche nella stesura di quelli nuovi, non seguirò la medesima successione adoperata in altri contesti.
Darò la precedenza all'illustrazione di alcune metodologie generali, che hanno costituito la base per svariate applicazioni sistematiche, come quelle già enunciate e dopo farò seguire la descrizione di schemi singoli e sistemi a se stanti, con le loro eventuali varianti, nati specificatamente per talune discipline o specialità.
Poi ovviamente a questi criteri si affiancheranno altri motivi squisitamente pratici Cool , di facilità riepilogativa e di tempo disponibile, che considererò volta per volta.

@ spot86 - novellino - Psico: grazie anche a voi cheers
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyMer Gen 19, 2011 4:16 pm

I SISTEMI PIRAMIDALI




Chi di noi, soprattutto al principio della propria attività atletica, non ha mai effettuato per prova, curiosità o premura di acquisire un nuovo record personale una sessione d’allenamento basata sull’ intensità progressivamente crescente e la proporzionale diminuzione delle ripetizioni?
Sin dall’inizio della frequentazione di una sala pesi, la strada tendente a far salire i carichi mediante il cosiddetto sviluppo “a piramide” viene spesso proposta ai frequentatori giovani e meno giovani e stuzzica pure atleti già esperti.
C’è una reale giustificazione alla base di questo? Vi sono solide e motivate ragioni, magari parziali e da contestualizzare che diano fondamento a tale metodologia? O trattasi viceversa di un modo di procedere approssimato e privo di condotta razionale, una scorciatoia legata a sensazioni e intuizioni per tentare di raggiungere una meta senza disperdere tempo e fatica in elaborati piani di lavoro?
Di fatto, nell’esperienza quotidiana cui si è accennato sopra, risulta trattarsi spesso di un espediente empirico rivolto più che altro ad appagare il proprio ego, lasciando atleticamente poche tracce di un illusorio raggiungimento di uno stato di forma che attesta, nel breve periodo, ciò che già si possiede ma non costruisce prodromi per il futuro.
Tuttavia è errato credere che il concetto di “carico a piramide”, da cui possono farsi scaturire tutti i sistemi attuativi di questa metodologia, abbia come unica realizzazione pratica l’ascesa lineare verso una vetta d’intensità che, forse, ne costituisce l’applicazione più conosciuta nel bene o nel male.
Poiché sono del parere che, nella maggioranza dei casi, il raziocinio e le illusioni come la verità e l’errore si mischiano, dando vita nel tempo ad una creatura diversa da quello che, in origine, si proponeva il suo seminatore o ideatore e che - d’altronde - la storia ci insegna come i progressi negli studi scientifici siano in grado di porre in discussione oggi quanto sembrava valido ieri, proviamo allora con umiltà e pazienza ad esaminare, scevri da condizionamenti esterni, quanto è stato scritto e posto in essere sull’argomento da coloro che ci hanno preceduto, fossero anche in contrasto di vedute e di responsi.


Sin dagli studi più remoti sull’allenamento della forza era chiaro che, per nostre connaturate qualità ed attitudini fisiologiche, una tensione muscolare fosse caratterizzata da impegno contemporaneo del maggior numero di unità motorie, frequenza massimale degli impulsi che le sollecitavano e ritmo sincronizzato della loro attività.
Tutto ciò senza scendere nei particolari delle differenti discipline sportive complesse.
Il sollevamento massimale o sub massimale di un carico risponde a questi requisiti, perché la velocità raggiunge rapidamente il valore ottimale per poi proseguire a velocità costante (Hebestreit, 1934); al contrario, il prolungarsi del lavoro ed il rallentamento della curva di velocità – con l’intervento di diversi meccanismi energetici - induce i muscoli antagonisti a partecipare nel tempo al lavoro stesso, con opera di stabilizzazione, dunque a rinforzarsi a scapito di quelli deputati all’azione concentrica e favorendo in tal modo la fase di resistenza (Vacholder, 1928).
Se però questi assiomi parevano dimostrare che l’allenamento della forza non avrebbe avuto successo senza l’impiego di carichi massimali, altri studi sottolineavano come sul piano energetico fosse da evitare un lavoro fino all’esaurimento, nel mentre – in apparente contraddizione – si rendeva necessario ripetere sforzi massimali in numero maggiore nel piano di allenamento.
Le attenzioni furono pertanto indirizzate verso lo studio di metodiche che permettessero un progressivo e costante avvicinamento ai carichi alti, senza che tuttavia ciò conducesse ad un superlavoro coinvolgente per un tempo prolungato il sistema nervoso, stressandolo oltre misura e creando i presupposti di un inevitabile quanto repentino stallo delle prestazioni massimali.


Il tentativo più vecchio del quale si abbia traccia nel programma di un’applicazione a base piramidale è quello effettuato dal capitano belga Thomas De Lorme, a cui si attribuisce infatti la paternità del primo sistema piramidale moderno documentato, pubblicato e riferito all’allenamento della forza resistente.
De Lorme, nell’ormai lontanissimo 1945 appena conclusosi il secondo conflitto mondiale, progettò un ciclo di allenamento lungo 8 settimane, che intendeva proporre come parte dell'esercitazione militare. Esso comprendeva un prologo preparatorio di 2 settimane ed una successiva fase specifica di 6.

Le sessioni, ripartite in 3xweek, avevano il seguente schema generale:
1° fase)
- I settimana
a) 50% 10RM x5reps + 75% 10RM x5reps x 3sets,
b) 50% 10RM x5reps + 75% 10RM x5reps x 4sets,
c) 50% 10RM x5reps + 75% 10RM x5reps x 5sets;
- II settimana
a) 5x50%10RM + 5x75%10RM + 5x100%RM x 2sets,
b) 5x50%10RM + 5x75%10RM x 7sets,
c) 5x50%10RM + 5x75%10RM x 5sets;

2° fase)
a) n serie x 5x50%10RM + 5x75%10RM + 5x100%10RM,
b) n serie x 5x50%10RM,
c) n serie x 5x50%10RM + 5x75%10RM.

L’autore in seguito aggiunse varianti precipue per obiettivi diversi e, tra queste, quelle riferibili al parametro forza che più ci interessa ma il primo schema stilato resta agli atti come antesignano della metodica del piramidale.
E' chiaro che oggi uno schema così asciutto ed elementare può apparirci perfino semplicistico e cionondimeno, rapportato all'epoca, avvalorava studi fino ad allora soltanto teorici e creava le premesse per successive e più articolate razionalizzazioni del metodo in esame.

Alcuni anni dopo, nel 1951, Zinovieff tentò di rendere più strutturato lo schema in parola e ancor di più fece Wilmore con un primo esempio di progressione inversa (di cui parleremo dopo), inserendola nell’”Oxford technique”, metodo tutto sommato piuttosto complesso.
Nel tempo si sono quindi succedute varie sperimentazioni di piramidali semplici, a sostanziale modifica di quelli che ne erano stati i precursori, poiché il concetto di crescita del carico all’interno della seduta di allenamento, accompagnato da una diminuzione del numero delle ripetizioni, ben si confaceva ad un allenamento concreto, stimolante e di facile realizzazione anche in situazioni e logistiche sfavorevoli.
Così Steve Holmann ricorda uno schema di piramidale di 7 serie per atleti in mesociclo di forza (1x12 – 1x10 – 1x8 – 1x6 – 1x4 – 1x2 – 1x1/2), mentre il Dott. Di Pasquale - powerlifter, campione del mondo di bench press ed esperto di medicina sportiva - era solito applicare una formula più concentrata: partiva dal proprio 5 rm stabile x 5 reps e progrediva di un 2/3% in ogni serie, scalando nel contempo una ripetizione; in tal modo la sequenza 5/4/3/2/1 lo vedeva concludere il wo con un carico in aumento ma inferiore al proprio massimale assoluto. Nella seduta successiva e speculare (ossia quella analoga del microciclo successivo) aumentava leggermente i carichi di ogni serie.


In effetti l’obiettivo della metodologia alla base del piramidale è quello di portare l’intensità a livello massimale, sia nell’ambito della singola unità di allenamento che nel microciclo, in un volgere di tempo sufficientemente breve per raggiungere lo stato di forma ottimale.
Il lavoro si sviluppa pertanto in senso verticale, con ridotto numero di serie (perlomeno percentualmente a quello complessivo previsto dal wo). I principi fondamentali sono: scarsa quantità, alta intensità, recuperi via via più ampi tra le serie man mano che si raggiungono i carichi più elevati.
Un sistema di questo tipo, dunque, trova impiego per riacquistare velocemente uno stato di forma perduto, per inattività o infortunio; per raggiungere un picco nella performance durante un periodo agonistico tra competizioni ravvicinate, che abbiano in ragione di ciò indotto ad un precedente scarico; come mantenimento e consolidamento di un livello già acquisito di forza, purchè in precedenza sia stato svolto un adeguato lavoro di base con il metodo degli sforzi ripetuti (repetition effort), volto a costruire la massa e la struttura fondamento del successivo sviluppo apicale.
Può, inoltre, essere utilizzato con successo da atleti giovani, già in possesso di buona tecnica e che abbiano conseguito confortanti risultati ma che tuttavia per curriculum, anagrafe ed esperienza possano aspirare ad un progresso e ad incrementi cospicui e stabili nell’immediato.


Quello che conosciamo come fulcro del piramidale moderno è sostanzialmente dovuto allo schema ad "albero di Natale" dei rapporti intensità/ripetizioni elaborato da Zaciorskij - con fini di studio peraltro del tutto diversi dalla progettazione di un sistema di preparazione con procedura piramidale - e poi riprodotto con ampie modifiche e in fattispecie mirate da Dietrich Harre, Direttore Tecnico e guru della preparazione atletica nelle nazionali della ex DDR.
La scaletta, arcinota in tutti i settori della scienza dell’allenamento, è la seguente (con i dovuti aggiustamenti per disciplina, esercitazione ed individualità):
100% = 1 alzata = carico massimale
90% = 2/3 rep. = carico sub massimale
85% = 4/5 rep. = carico molto elevato
80% = 6/7 rep. = carico elevato
75% = 8/9 rep. = carico medio elevato
70% = 10/12 rep. = carico medio
65% = 13/16 rep e oltre = carico medio debole
55/60% = 16/20 rep e oltre = carico debole
50% ca. e inf. = 25 rep e oltre = carico molto debole.
Chiaramente la rispondenza delle ripetizioni alle intensità stabilite risulta tanto più veritiera con i carichi alti, quanto più approssimata e legata a vari fattori di morfologia, specialità e curriculum con i carichi medi e ancor più con quelli ridotti tipici del lavoro di endurance.

Peraltro lo stesso Zaciorskij, nel ’66, ebbe modo di esprimere valutazioni critiche del metodo piramidale, sottolineando come la base della piramide è rappresentata dal tipo di intensità raggiungibile con maggior efficacia tramite il metodo degli sforzi ripetuti, siano essi rivolti alla forza resistente o alla resistenza in senso propriamente detto; all’opposto, il vertice della piramide è comunque allenabile con sistematiche proprie dell’esclusivo lavoro massimale (il maximal effort eseguibile o meno su gli esercizi di gara), senza quindi che appaia necessario ricorrere ad una sintesi allenante, quale quella che si vorrebbe offerta dal metodo di preparazione piramidale puro.
In quest’ultima ipotesi potrebbe infatti verificarsi che l’atleta, sapendo di dover compiere sforzi massimali e giustamente allettato da questi, risparmi l’impegno nella prima fase di lavoro a percentuali basse e maggior numero di ripetizioni, rendendo di fatto inutile e poco economico il lavoro; oppure, concentrandosi generosamente nel rispetto di quanto previsto in tabella sulla prima parte dell’allenamento, paghi dazio ed arrivi agli sforzi massimali in condizione di scarsa freschezza atletica.
Dunque – conclude Zaciorskij – sembrerebbe più proficuo invertire la piramide, rovesciando un lavoro piramidale classico nel suo esatto opposto: 1x100% - 1x3x90/85% - 1x5x80% (così, a titolo esemplificativo).
Dopo di lui altri arrivarono alle medesime conclusioni in circostanze e pianificazioni diverse: Leighton nel ’67, il menzionato Wilmore, Mc Donagh nell’84, Fleck e Kramer nell’87.
Proprio il già citato Harre propose uno schema da 1x95/100% - 2x2x90% - 3x3x85%.
Con dette varianti lo scopo sarebbe quello di affrontare i carichi massimali o sub massimali all’inizio, in condizione di freschezza dopo il necessario warm up e proseguire con il metodo degli sforzi ripetuti ad intensità inferiori per aumentare la quantità ed incidere, in tal modo, sul volume complessivo.

Volendo pertanto riepilogare le più note applicazioni pratiche del metodo piramidale – catalogandole in gruppi per modalità esecutive – e senza la pretesa di stendere periodizzazioni complete per questi sistemi, potremmo delineare il quadro che segue con esempi annessi.

piramidale classico:
progressione lineare semplice,
5x75% - 4x80% - 3x85% - 2x90% - 1x95%;

piramide tronca:
rivolta a sport di forza resistente,
8x60% - 7x65% - 6x70% - 5x75% - 4x80%;

piramide irregolare:
dove non c'è progressione completa e fissa nel range delle reps. e nei relativi intervalli tra esse,
12x55% - 10x60% - 8x70% - 6x75% (o 5x80%) – 3 o 4x85/90% - 1x95% (con le varianti alternabili nelle sessioni);

piramide inversa:
varie applicazioni tra piramidi rovesciate semplici e irregolari,
un es. tra i più noti, 1x95% - 3x85% - 4x80% - 6x75% - 8x70% con recuperi maggiori all’inizio e ridotti al termine;

piramide rafforzata:
variante molto faticosa che consiste nell’aumentare talune serie, sporadicamente, sulla medesima intensità al fine di incrementare il tonnellaggio,
es. 1x95% - 2x2x90% - 2x3x85% - 2x4x80% - 3x6x75% - 2x8x70%; (apportata correzione da refuso n.d.r.)

piramide a ripetizioni costanti :
ottima per atleti razionali e metodici in discipline di grande concentrazione,
2x2x95% - 2x2x90% - 2x2x87% - 2x2x85% - 2x2x83%;

doppia piramide:
buon compromesso tra forza massimale e lavoro ripetuto,
4x80% - 3x85% - 2x90% - 2x1x95% - 2x90% - 3x85% - 4x80%;

piramide inversa ad espansione di serie:
(la mia preferita tra le applicazioni a base piramidale),
2x1x95% e oltre – 3x2x85/90% - 4x3x80/85% - facolt. 5x4/5x70-75%

piramide a base larga :
consigliabile per lavori lattacidi e di endurance,
16x50% - 14x55% - 12x60% - 10x65% - 8x70% - 6x75%;
piramide a base stretta:
come la piramide irregolare ma con inizio inoltrato alla serie da 7 o 8 reps.


Esistono poi sistemi che prevedono l’impiego del piramidale all’interno della stessa serie


piramide a carico discendente nella serie:
metodo che somiglia a quello degli “scarichi”, tipico del BB, prevede di scaricare il peso dopo ogni rep. proseguendo senza recupero ed effettuando comunque una singola alzata, per complessive 5-6 ripetizioni.
Il numero delle serie utilizzato varia, secondo il livello dell’atleta, da 4 a 8 e i recuperi possono arrivare a 7/8’ ed oltre tra le serie.
Es. 1 set x5 ripet. con 1x95% - 1x90% - 1x85% - 1x80% - 1x75%;

piramide a carico ascendente nella serie:
molto diffuso ma forse di scarsa praticità, può essere utile per atleti poco abituati allo sviluppo dei carichi e per alcune tipologie di lavori ipertrofici.
Es. 1 set x 10/12 ripet. con 3x50% - 2x60% - 1x70% - 2x60% - 2/4x50%;
un’altra variante sul tema:
1x5 con 2x75/80% - 1x90% - 2x70%


Ultima modifica di Tonymusante il Ven Gen 28, 2011 2:52 pm - modificato 2 volte.
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyGio Gen 20, 2011 10:22 pm

Grazie per questo splendido articolo sui sistemi piramidali e complimenti come sempre per l'esposizione.
Pensavo di provare la "piramide rafforzata" con un bell'allenamento di panca con fermo.
Arrotondando i pesi mi verrebbe una cosa del genere:
125x1 120x2x2 112,5x2x3 105x2x4 100x3x6 105x2x8
Visto così mi sembra incredibilmente impegnativo, in particolare sono spaventose le 2 serie da 8 con l'80%, poste proprio alla fine, ma forse questo metodo si presta di più all'esecuzione senza fermo, cosa dici?
Comunque lo provo lunedì prossimo e (se sopravvivo.....) ti faccio sapere com'è andata.
Ciao e grazie ancora.
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyVen Gen 21, 2011 11:40 am

giacomopischedda ha scritto:
..................................
125x1 120x2x2 112,5x2x3 105x2x4 100x3x6 105x2x8
Visto così mi sembra incredibilmente impegnativo, in particolare sono spaventose le 2 serie da 8 con l'80%, poste proprio alla fine, ma forse questo metodo si presta di più all'esecuzione senza fermo, cosa dici?
..................................


no, Giacomo, si tratta di un mio refuso nella battitura affraid , chiedo scusa e adesso correggo anche sopra.
Per la logica della piramide (oltre che della fisiologia Rolling Eyes ), all'aumento delle ripetizioni corrisponde un carico inferiore in fase discendente, come del resto in una eventuale fase ascendente ad una diminuzione delle reps. corrisponderebbe un incremento dei carichi.
Dunque, la piramide rafforzata di cui all'esempio sopra è da leggersi così:
1x95% - 2x2x90 - 2x3x85% - 2x4x80% - 3x6x75% - 2x8x70%.
Il "rinforzo" consiste nell'aumentare il numero delle serie da eseguire per ciascuna tipologia di rapporto ripetizioni/percentuale, non nell'aumento indiscriminato dell'intensità in fase di discesa Cool . In questo caso quindi, man mano che l'intensità si riduce di un 5%, effettuare 1 o 2 serie in più (anzichè la classica singola serie) per ogni range di ripetizioni.
Solo che avevo riscritto 80% al posto di 70% geek. Nel tuo caso quel gruppo di serie dovrebbe probabilmente tradursi in 2x8x90kg.
Il "fermo" (o un'inversione di marcia tecnica) te lo consiglio lo stesso, comunque la sua esecuzione prescinde dalla filosofia insita nel metodo.
Ciao e scusami ancora.
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyVen Gen 21, 2011 1:55 pm

Dopo tutto quello che ho imparato dai tuoi articoli, ci manca solo che ti scusi per un refuso....
Ok, allora l'ultima parte diventa un bel 92,5x2x8. Penso che farò tutto con fermo da un secondo, tranne le ultime 2 serie da 8, dove ci vedo meglio l'inversione di marcia.
Ciao e grazie per la correzione.
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyLun Gen 31, 2011 10:39 am

APPLICAZIONI DISTRIBUTIVE DEL METODO DEGLI SFORZI RIPETUTI

- I Sistemi con gruppi o “fasi” di serie distribuite


Partiamo dalla premessa che il metodo degli sforzi ripetuti (o, più semplicemente, delle ripetizioni) è un contenitore talmente vasto da rappresentare una delle più classiche tra le metodiche di allenamento per le molteplici espressioni delle qualità di forza e non soltanto per l’accezione di forza pura; al suo interno, quindi, si registra una vasta gamma di possibili varianti applicative.
In realtà con questa denominazione metodologica, pure definita con il termine di “repetition effort”, possono essere genericamente annoverati tutti quei sistemi che si fondano appunto sul metodo delle ripetizioni, come quelli già riassunti in precedenza e riferiti ai gruppi di serie a numero costante di ripetizioni (5x5 di Starr, “Sollevatore paziente” di Poliquin, ecc.).
Se però, in tutti quei casi citati, la caratteristica comune era l’invariabilità del numero delle ripetizioni nella successione delle serie – all’interno della singola unità di allenamento – invece in questo secondo raggruppamento del repetition effort, ossia con i sistemi delle serie distribuite, il numero delle ripetizioni da eseguire nel corso della medesima seduta di allenamento varia o può variare da gruppo di serie ad altro gruppo di serie, a seconda della finalità che ciascuna “fase” (nome che in questo frangente sta ad indicare proprio il raggruppamento di serie simili) si prefigge di raggiungere.
Sono pertanto pure chiamati “sistemi a fasi”.

La “fase” propriamente detta è dunque costituita da un macroset, cioè da un insieme di serie tutte incentrate sullo stesso numero prefissato di ripetizioni; le fasi possono invece essere di numero imprecisato (generalmente da 2 a 4) e a loro volta comprendere un numero illimitato di serie; mentre il numero delle ripetizioni cambia solo da fase a fase.
Facciamo degli esempi pratici:
- 2 fasi: 3x3 e 3x5 oppure 3x3 e 3x2 (tot. 6 serie);
- 2 fasi: 5x1 e 3x5 (tot. 8 serie);
- 3 fasi: 2x2, 2x4, 2x6 (tot. 6 serie);
- 3 fasi. 2x4, 3x1, 2/3x5 oppure 2/3x1, 3x5, 2x7/8 (tot. 7/8 serie).

Affinché l’allenamento possa giungere a buon fine è fondamentale non arrivare mai all’esaurimento muscolare in ogni fase; di conseguenza conviene non adoperare (salvo, forse, all’ultimo allenamento del mesociclo) il carico limite per quel dato numero di ripetizioni ma, più proficuamente, quello immediatamente inferiore: ad esempio, per una fase costituita da serie di 2 ripetizioni il 3RM, per una da 3 rip. il 4RM e così via.
Chiaramente è anche importante, per ciascuna fase, non esagerare nelle progressioni dei carichi tra un allenamento e il successivo, per cui sarà opportuno procedere con incrementi ridotti e non necessariamente in tutte le fasi previste dalla seduta.
Trattandosi – come già sottolineato - di una delle possibili applicazioni del “metodo degli sforzi ripetuti” ad una determinata intensità, si dovrebbe provvedere ad aumentare il carico solo se, nella precedente sessione, tutte le ripetizioni di tutte le serie di quella data fase sono state portate a termine positivamente e con apprezzabile esecuzione tecnica; viceversa, il sistema sfocerebbe in un'applicazione di serie forzate o nel metodo degli sforzi massimali, perdendo la naturale connotazione di lavoro ripetuto ad intensità replicabile.
Per analogo principio, pure un'eventuale fase di lavoro che verta su singole alzate (2-5x1), non dovrebbe sconfinare in percentuali di carico ad intensità massimale o molto prossime ad essa.

Le pause di recupero dipendono prevalentemente dal numero di fasi e da quello delle serie in esse comprese che si intendono eseguire; perciò, dalla durata complessiva dell’allenamento oltre che dalla sua intensità.
Diciamo, con una certa approssimazione, che ci si può orientare su 2 diversi tipi di recupero: uno più breve, che non dovrebbe in alcun caso oltrepassare i 3’ tra le serie di ogni singola fase; l’altro con range più ampio, tra fase e fase, che può variare da un minimo di 2’ per gli allenamenti di condizionamento e capillarizzazione fino a 5’ per sessioni protratte per un lungo numero di fasi e serie, soprattutto in sedute e microcicli mono specialistici (es. 3 o 4 fasi da 3/4 serie ciascuna, che vertano tutte su un unico esercizio della disciplina di gara).

Il sistema così definito a fasi, per convenzione, era molto in voga nella ex Germania Est, in particolare tra i lanciatori (peso, disco, martello) ma era altresì diffuso tra i sollevatori olimpici di notevole valore, prevalentemente negli anni ’70.
Non vi è mai stata una linea di demarcazione netta per la messa in opera della periodizzazione distributiva delle serie.
Essenzialmente la sua attuazione era prevista nell’ambito di programmi basati sul volume ma talvolta era ed è tuttora usata negli schemi di sintesi, soprattutto in quelle sessioni che intendano concretizzarsi come appoggio ad altre specificamente allenanti e persino nelle sedute di lavoro ad intensità variabile e di apprendimento tecnico.
Personalmente l’ho attuato e fatto attuare sovente, in ambito di powerlifting, nella preparazione per le specialità di bench press e di squat; con minor frequenza per lo stacco da terra e, in tal caso, ho adottato opportune varianti consistenti in un allenamento a due o tre fasi – precedute da una prodromica di attivazione - incentrate, rispettivamente, la prima sulla tecnica esecutiva di gara e sul lavoro equipped, la seconda sulle esercitazioni speciali oppure sul potenziamento muscolare basato sui distretti da rafforzare con la tecnica non adottata dall’atleta durante la competizione, la terza infine sul lavoro di volume ungeared.

In sede di pianificazione generale di un sistema a gruppi di serie, senza addentrarsi ora sulle discipline specificamente interessate, le progressioni dei carichi nel succedersi dei microcicli possono seguire diversi coerenti orientamenti.

a) uno sviluppo percentuale sulla base di waves trisettimanali; in questo schema i carichi all’interno di ogni fase si sviluppano su terne di microcicli, esempio:
1°) 3x3x75% - 3x5x65%;
2°) 3x3x80% - 3x5x70%;
3°) 3x3x85% - 3x5x75%;
4°) 3x3x78% - 3x5x68%;
5°) 3x3x83% - 3x5x73%;
6°) 3x3x88% - 3x5x78%.

b) uno sviluppo percentuale alternando “fasi” diverse nel corso dei microcicli; esempio, come il precedente, su 6 settimane, (notare la differenza nell’impostazione delle fasi tra i microcicli dispari e quelli pari):
1°) 3x3x75% - 3x5x65%; 2°) 2x2x80% - 2x4x70% - 2x6x60%;
3°) 3x3x80% - 3x5x70%; 4°) 2x2x85% - 2x4x75% - 2x6x65%;
5°) 3x3x85% - 3x5x75%; 6°) 2x2x90% - 2x4x80% - 2x6x70%.

c) uno sviluppo percentuale dei carichi delle fasi che non si verifica in contemporanea durante il succedersi dei microcicli;
esempio su 8 settimane:
1°/2°/3°/4°micro) 2x4x70% - 2x2x85% - 3x5x65% poi 70% poi 75% poi 80%;
5°/6°/7°/8°micro) 2x4x75% - 3x3x75% poi 80% poi 85% poi 90% - 2x5x75%.

Ovviamente si tratta per l’appunto di esemplificazioni, che devono essere considerate quali validi protocolli di base e non regole da seguire alla lettera, semmai adattandole caso per caso.
Tra le messe in opera più avvincenti del sistema in parola potrebbe annoverarsi anche il celebre “Hepburn system”, programma di allenamento ad alta intensità di uno dei più grandi “panchisti” di ogni tempo, il mitico Doug Hepburn.
Il suo programma standard prevedeva appunto due fasi di 5 serie l’una, e precisamente: 5x1 e 5x5 nella stessa seduta di allenamento.
Trattasi di una proibitiva sintesi di allenamento di intensità e volume nella singola unità di sessione ma - proprio per la sua particolarità – ritengo più pertinente relazionarne in seguito separatamente oppure nel capitolo “ad hoc” dedicato ai sistemi di intensità sulle singole alzate o maximal effort.

Per ciò che concerne la durata complessiva di un sistema a fasi possiamo dire che, quando lo stesso viene impiegato in una sessione settimanale di volume, in coppia con altro programma basato sull’intensità o la specializzazione tecnica, può essere tranquillamente pianificato per più mesocicli e per un numero di microcicli varianti tra 4 e 12, a seconda della contestuale scelta dello schema allenante a cui si intende affiancare; allorché sia invece esso stesso programma dominante, conviene – a parer mio – non eccedere le 6 settimane consecutive, pena lo stallo dei carichi.
Ancora differente è l’eventualità in cui il sistema a fasi venga a costituire parte integrante di grandi programmi lineari estesi fino a 20/25 serie a sessione: in quel contesto può essere (anzi dovrebbe) essere portato avanti anche per 15-20 settimane. Tuttavia, tale fattispecie esula dalla trattazione propriamente detta delle “fasi” e invade il terreno di grandi pianificazioni annuali, per le quali sarebbe comunque più consona una discussione a parte.
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyLun Gen 31, 2011 1:32 pm

Quesiti, critiche ed approfondimenti circa il Sistema per fasi di serie distribuite

............................................... .........................



Talvolta, nelle diverse circostanze in cui ho relazionato in ordine alla metodologia in fasi, mi è capitato di sentirmi rivolgere svariate e circostanziate domande in proposito.
Alcune di queste sono state ben poste e si sono rivelate di indubbio interesse, per cui cerco di riassumerle e trattarle di seguito, raggruppandole per argomenti e riportando anche in questa sede le risposte sintetiche che ho provato a formulare altrove.


D.
perché mai un praticante di atletica pesante dovrebbe utilizzare una simile metodologia la quale, a differenza di altre che giocano sul sistema nervoso (eccitabilità e inganno) oppure che allenano due abilità motorie nella stessa unità (metodo a contrasto), obiettivamente non sembra portare benefici del genere ad un atleta?
L’unica applicazione parrebbe rintracciarsi in un ciclo ipertrofico in cui dedicare una prima fase all’eccitazione neuronale con singole pesanti, per poi lavorare su ranger ipertrofici, a patto che siano proprio questi ultimi a costituire il volume allenante della seduta.
Es., 2 fasi in ipertrofia: 2x3x80-90% (attivazione neuronale), 5x8x65-75% (fase volume).


R
Il sistema a fasi, come già precisato, è uno dei più antichi e consolidati tra quelli in uso per l’allenamento della forza ed anche, tutto sommato, uno tra i più semplici per approccio, visto che può essere effettuato - perlomeno allo stato iniziale - pure privi dell’ausilio di particolari attrezzature e dotazioni moderne.
Ho raccontato spesso che "la metodologia era molto in voga... soprattutto tra i lanciatori" ma, in generale, soggiungo ora che il concetto veniva applicato da illustri tecnici quali Harre e Paler, al quale ultimo si deve proprio in campo pesistico la doppia codificazione delle fasi 3x3/3x2 e 3x5/3x3, note appunto come Paler I e Paler II.
Il frequente uso per l'allenamento della forza in campo pesistico è stata ricordata anche dal preparatore canadese Charles Poliquin e, più specificamente ancora, una mirabile attuazione del sistema in parola si è avuta con il grande Doug Hepburn – tra i massimi specialisti di sempre della bench press - il cui "Hepburn System" consistente in due fasi, rispettivamente da 5x1 e 5x5, ha rappresentato uno dei più noti e nel contempo dei più duri esempi di questa attuazione sistemica.
Evidentemente, dunque, tutti costoro sono riusciti a trovare, nel corso degli anni, almeno un motivo (e forse qualcun’altro) per utilizzare proficuamente questa metodologia.
Con ogni probabilità, l'errore di fondo nell'impostazione della critica in premessa sta nel voler considerare basilare solo il fattore dell'eccitabilità nervosa – senza dubbio di primaria importanza e che, effettivamente, può essere un obiettivo in generale ma non certo il principale nell'allenamento con questo sistema - oppure nell'esaminarlo senza essere scevri dall'influenza di altre letture: infatti, perchè mai il "sistema a contrasto" dovrebbe essere utile solo tra diverse abilità motorie e non pure tra diverse qualità muscolari? E perchè l'allenamento di diverse qualità muscolari o quello a diversi sistemi energetici non potrebbe essere contemplato nella stessa sessione, come del resto sembra intendersi quello per diverse abilità motorie? E perché mai non potrebbe essere svolto a “fasi”?
Sicuramente l’esempio riportato in domanda rappresenta un’ ottima applicazione di fase seppure non l’unica, avendo già verificato, nell’excursus storico di cui sopra, la varietà di tipologie d’impiego del sistema in analisi.

Sappiamo che qualora volessimo raggiungere ed allenare più specificità nell'ambito di una stessa seduta di allenamento, dovremmo a grandi linee seguire l'ordine preferenziale sotto specificato, legato a ovvi fattori e meccanismi di successione energetica e biochimica:
1) allenamento della tecnica, in piena freschezza del sistema nervoso ed al massimo delle nostre capacità di attenzione e concentrazione;
2) allenamento della potenza o della forza esplosiva (secondo la specialità), legato ai concetti sopra accennati ma riferito all’applicazione sul lavoro muscolare (sistema anaerobico alattacido),
3) allenamento della forza sub massimale (raramente massimale nel senso stretto), sempre in ambito di sistema alattacido ma con minor impiego di energie nervose (es. lavoro d forza sulle 3 reps.);
4) allenamento di forza generale (forza resistente/resistenza di forza o misto forza) oppure dell’ipertrofia (nel passaggio al meccanismo del lattato) o anaerobico lattacido in senso lato (a seconda della specialità di cui si parla);
5) allenamento della resistenza o endurance, sempre e solo di volume;

fin qui come canoni generali, senza scendere nel merito e nei dettagli della singola attività sportiva praticata e avendo dunque cura di precisare come alcuni dei punti sopra elencati potrebbero essere soppressi o invertiti o alternati, in base alle esigenze agonistiche dell’atleta.
Bene, l'allenamento a "fasi" applicato alla pesistica o, più in generale, all'atletica pesante, cosa si propone? Esattamente questo: eliminando di volta in volta - tra quelle generiche sopra descritte - le fasi non attinenti all’obiettivo che si vuol perseguire, consentire la preparazione di più fattori o qualità nella medesima seduta di allenamento, onde permettere all'atleta una pluralità di obiettivi:
a) influire sul fattore volume; infatti, non limitandosi ad allenare in una sessione una sola qualità muscolare, l'atleta esegue più serie che se rivolte ad una sola qualità avrebbero portato presto ad esaurimento (si pensi ad un 10x3x90%); invece, interrompendo sempre al momento giusto lo stressor di ciascuna fase di allenamento ma insistendo ed allenando parametri ancora relativamente vergini in quel giorno, si mira (oltre al resto) a far salire il tonnellaggio complessivo che, in una seduta rivolta esclusivamente alla potenza, sarebbe al contrario rimasto basso.
b) influire sul fattore frequenza e sulla molteplicità di obiettivi; allenando in una sessione soltanto una qualità muscolare ed alternando l'allenamento delle varie qualità muscolari necessarie alla disciplina in successive sessioni (ogni specialità è comunque somma e sinergia di abilità tecniche e qualità muscolari), l'atleta avrebbe modo di ripetere la stessa sessione solo a distanza: magari con più serie ma sempre di là nel tempo. Raggruppando invece, con il sistema delle fasi, l'allenamento di più qualità nella stessa seduta - beninteso nel rispetto dei meccanismi succedanei già esplicati - l'atleta aumenterà la frequenza di ciascun lavoro specifico (esplosività, forza, forza resistente o eventuale ipertrofia) con conseguenti probabili benefici nell'adattamento agli stimoli.

In altre parole, facciamo ora degli esempi: dopo essermi debitamente riscaldato, io posso eseguire un certo numero di alzate singole allenanti, cioè stimolanti la mia esplosività ed il gesto tecnico, prima che la forma esecutiva o l’eccitabilità nervosa scadano o calino eccessivamente.
Dopo potrei andarmene a casa ma, se recupero 5' sono ancora in grado di eseguire 2 o 3 triple con l'85% del carico e con 3' di intervallo, in quanto mi richiedono minor integrità neuronale (intaccata dalle singole) ma una sufficiente forza sub massimale che le prove di singola alzata non hanno compromesso e che mi tornerà altrettanto utile per la specialità che pratico.
Ora potrei finalmente andarmene a casa perchè ormai l’ora è tarda, ciò nonostante, se recupero altri 5/6' ed abbasso il carico, con il 75% dell'1RM posso ancora portare a compimento altre 5 serie da 5 o 6 ripetizioni che sono comunque valide, nel computo complessivo, a raggiungere un certo tonnellaggio parziale che – nonostante superfluo all’apparenza - si farà sentire beneficamente quando lo avrò moltiplicato per il numero delle sessioni in cui l'ho eseguito, per i singoli microcicli, per i mesocicli, ecc.
Intanto – ahimè - mi hanno sbattuto fuori di casa ma in compenso...mi sono allenato pesante!

Come si evince facilmente da quanto sopra detto, l'applicazione del sistema a fasi non si esaurisce affatto nella ricerca dello stimolo ipertrofico e, difatti, nessuno tra gli esempi di serie sopra riportati (3x1 - 3x3 - 3x5) può essere ragionevolmente fatto corrispondere ad un allenamento per l'ipertrofia; questo è presumibilmente il motivo per cui è stato ripetutamente adottato da atleti di valore di varie discipline inerenti alle specialità di forza.
Allo stesso modo sarebbe fuorviante pensare all’utilità di un’ipotetica “prima fase” come attivazione imprescindibile per le successive.
Esaminando gli esempi appare infatti chiaro che sia le percentuali di carico appositamente assegnate per ogni gruppo di serie, sia le caratteristiche delle serie stesse ed il range delle ripetizioni, mettono tutte le fasi sullo stesso piano qualitativo; la differenza sta nello scegliere delle tipologie di lavoro che abbiano ciascuna in obiettivo una diversa qualità o specificità allenante e che le medesime siano poste in un ordine di successione tra loro compatibile con i meccanismi energetici e di lavoro dell'atleta e rispettose dei necessari tempi di recupero.
Si vengono quindi a formare dei macro set (gruppi) che costituiscono tante mini sessioni quante sono le qualità allenate, racchiuse però in unica unità di allenamento.
In sintesi, in un contesto extra fasi, avrei potuto seguire il protocollo che segue.
lunedì: warm up - 5x1 equipped - passo ad altro esercizio;
mercoledì: warm up - 5x5x80% metodo Starr - altro esercizio;
venerdì: warm up - 8x3 dinamiche - altro esercizio.
Al contrario ed in alternativa, posso optare per un applicativo in fasi del tipo seguente.
lunedì: warm up – 3x1/3x3/4x5;
mercoledì e venerdì: altro wo che esula dalla presente trattazione.

Chiaramente e affinché ciò sia possibile, allenante e redditizio, occorre:
- innanzi tutto rispettare i recuperi, che saranno verosimilmente più brevi tra le serie di ogni fase e più lunghi tra le fasi;
- partire con carichi più bassi del proprio RM per ogni fase e incrementare periodicamente, anche non contemporaneamente in tutte le fasi, lasciando sufficiente buffer eccetto che alla fine del mesociclo;
- pianificare il tutto in un ciclo di preparazione agonistica avente come scopo una gara o un test particolare, poiché altrimenti il raggiungimento di un picco di forma al termine del programma ed in quella singola specialità, se limitato ad un breve arco temporale, perderebbe molto del suo senso qualora non tradotto efficacemente in un evento che cada nel momento clou, ovvero al peak del periodo.

Questo è ciò che hanno svolto, con comprensibili varianti, molti grandi atleti del passato anche prossimo.
Per quanto riguarda la mia più modesta, particolare e semplice esperienza, posso rammentare - oltre agli esempi di cui al post in argomento - due ulteriori possibili traduzioni pratiche, già sperimentate in occasione di Campionati nazionali di PL o di specialità e riferite, in questo caso, all'applicazione del sistema a fasi con l'uso dell'attrezzatura specifica da gara (non mi dilungo sul loro sviluppo):
bench press
3x1 equipped - 3x2/3 con board - 5x5 raw (75-80%)
stacco da terra
2/3x1 in stile gara (convenzionale o sumo) - 3x3 altro stile 80% - 3x5 di volume a medio/bassa percentuale di carico.


___________________________

Relativamente invece al tema della distribuzione in fasi di una intera routine di allenamento e quindi con riferimento alla periodizzazione dei sistemi a fasi.


D
- dato che le sessioni previste nel sistema a fasi sono mono settimanali, con wo di volume, si può incentrare un programma su un wo “a fasi” e un wo ad onde? (il primo dunque a volume, il secondo più intenso/submassimale oltre ai complementari)?

- che caratteristica deve avere una fase? Nel passare delle settimane deve esserci uno sviluppo su tutte le fasi ... ma con quali caratteristiche precipue? Può esserci una fase intensa e una di volume? O devono entrambe essere di volume?


R
Provo a chiarire.
Direi che alla prima domanda la risposta è affermativa. Lo schema a fasi viene solitamente attuato in 1xweek, per cui nulla impedisce di ricorrere, in una seconda sessione, ad altro sistema che sia utile per varie necessità e programmazioni e, di conseguenza, portarlo avanti contemporaneamente.
Del resto questo è possibile in tutte quelle applicazioni che privilegiano o consentano una singola sessione allenante nel microciclo o, comunque, più sessioni ma nell'ambito di una progettazione generale più ampia dove le sedute complessivamente possibili, relativamente all'alzata prescelta, siano previste in numero ancora maggiore.
Per cui potremmo trovare, in un microciclo, 1 o 2 sedute organizzate a fasi ed altrettante ad onda oppure 1 a fasi, 1 a onda ed 1 con sistema a numero di serie e ripetizioni costanti a carico variabile, come pure al contrario a carico invariato e serie crescenti.

Passiamo al secondo quesito, dove la risposta è leggermente più lunga.
Il sistema a fasi è, per definizione, un...sistema, cioè un'applicazione pratica di un metodo ma invero non l'unica bensì una possibile, una delle tante.
Insomma un contenitore congegnato in una certa maniera, un modo di procedere nell'attuazione di un qualcosa.
Ma cosa è dunque questo qualcosa? Nient'altro che la metodologia prescelta per lavorare in quella fattispecie che ci interessa e che si ritenga possa regalare i suoi frutti migliori, nel periodo e sull’atleta determinati, in virtù di un’applicazione a fasi piuttosto che a onde o con diverse procedure.
Allora, stando così le cose, alla domanda su quali caratteristiche deve avere una fase, segue la contro domanda su quale sia il metodo di lavoro a cui ci si vuol dedicare nel dato periodo e che si pensa possa essere estrinsecato al meglio mediante appunto una suddivisione del lavoro nelle menzionate fasi.
Nel caso ci si trovi off season e si ricerchi il volume, si darà alle fasi un connotato precipuo in tal senso; se invece si è geared e si sta puntando alla massima esplosività, alla potenza e alla qualità tecnica, allora si riempirà lo scatolone-contenitore delle fasi con elementi diversi, che più interessano al momento e che, si presume, facciano alla bisogna in quel frangente.

Similmente rispondo per la domanda annessa e conseguente.
Certo che può esserci una fase intensa ed una di volume perché, come al solito, dipende da quello che serve all'interessato e che a priori non è possibile stabilire.
Posso riportare - come spesso faccio in questi casi - un piccolo esempio pratico.
Stiamo preparando una competizione importante e, nella bench press, uno dei miei ragazzi segue una distribuzione del lavoro in fasi.
Ho previsto 2 fasi, una in 3x3 e l'altra che va dalle 3 alle 5x5.
Bene; la prima fase è incentrata sul “fermo al petto” e mira ad un' intensità piuttosto elevata, poiché deve abituare l'atleta ai carichi ed alle modalità esecutive che troverà in gara; la seconda fase è basata su un volume di mantenimento a ripetizioni più alte e percentuali di carichi inferiori.
Coerentemente cambiano anche gli sviluppi e le progressioni nei microcicli tra le due fasi, che percorreranno un cammino parallelo nel corso delle settimane. La fase da 3x3, rivolta all'intensità e alla tecnica, prevede stabilmente 3 serie da 3 col fermo ma all'interno cresceranno i carichi di settimana in settimana o comunque ciclicamente. La seconda fase, deputata al volume, avrà invece come costante un carico prefissato ma varierà nel numero delle serie da svolgere, che saranno 5 quando i carchi del 3x3 sono più bassi, poi 4 e poi 3 man mano che cresce l'intensità del 3x3, poi nuovamente 5 quando il carico del 3x3 - dopo 3 settimane - scende per non raggiungere un precoce stallo, fino a tornare a 3 sole serie di volume con l'avvicinarsi della competizione.
In questo modo l'applicazione del sistema a fasi si incrocia con le onde, intese però non nello sviluppo seriale all'interno della sessione - tipo 3/2/1 – ma come “pendulum” dei microcicli all’interno del relativo mesociclo.

E' forse in contraddizione tutto ciò? Non direi, perchè sono state semplicemente scelte diverse applicazioni o sistemi per contenere tutte le variabili e le tipologie di esercitazione che si intendevano effettuare per un’alzata specifica e su un certo atleta, in linea - beninteso - con il metodo di lavoro deciso in precedenza.
Chiaro che questo discorso non si ripete pedissequamente con tutti gli atleti, neppure per la stessa alzata e nemmeno per lo stesso atleta in relazione a tutte le 3 alzate. Quanto detto in conseguenza di diversi fattori e peculiarità che separano atleta da atleta ed altrettante differenti attitudini inerenti al medesimo tra specialità distinte e con caratteristiche proprie.
In definitiva è anche possibile variare il contenuto tra le fasi non soltanto nei riguardi di carichi, ripetizioni, esecuzioni o modalità di sviluppo ma persino nella tipologia di esercitazioni prescelte.

Riporto un ulteriore esempio nel merito.
Qualche volta ho programmato in fasi il lavoro per lo stacco da terra, nel modo che segue: 3X2 - 3X3 - 3X5, tot. 3 fasi di 3 serie l'una per complessive 9 serie.
La caratteristica però era che il 3x2 si svolgeva sui rialzi, allenando le partenze, il 3x3 sul movimento completo ed il 3x5 al pin pull per le chiusure; pertanto tre esercitazioni distinte tra loro rispetto all’esercizio di stacco in se e per se.
Inutile soggiungere che ciascuna fase aveva uno sviluppo diverso nel corso dei microcicli, pur restando collegate nell’ambito della singola sessione, con recuperi variabili all’interno di ciascuna fase e tra fase e fase.
Non per niente, come premessa al discorso sul metodo di distribuzione delle serie, ho parlato della differenza tra il concetto di lavoro generale e l'applicazione pratica che dello stesso ne può derivare, privilegiando un applicativo rispetto ad un altro, fosse pure solo in un determinato periodo del macrociclo o per un particolare volgere della carriera dell’atleta ma non necessariamente replicabile in ogni circostanza in maniera integrale.


Spero di essere stato utile e mi auguro inoltre di aver reso in termini sufficientemente chiari alcune idee che potevano costituire un logico sviluppo ad argomenti trattati a più riprese in altre occasioni.


Ultima modifica di Tonymusante il Mar Feb 01, 2011 10:41 am - modificato 1 volta.
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyLun Gen 31, 2011 8:25 pm

Letto solo la prima parte, o meglio riletto!!
Domani provo a leggermi le domande e risposte!! Very Happy
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyLun Gen 31, 2011 8:32 pm

addirittura ora ci facciamo anche le domande da soli!!! non basta più avere sempre la risposta giusta....ahah jocolor
questa parte (ottima come sempre) l'hai modificata abbastanza da come la ricordavo io...
molto meglio!
ciao!!
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyGio Feb 17, 2011 1:51 pm



IL “CONTRASTO” di SPASSOV o METODO BULGARO




E’ una metodologia utilizzata con molta frequenza nel campo dell’allenamento della forza, poiché i sistemi sviluppabili all’interno di essa coinvolgono una pluralità di indirizzi ed obiettivi che riguardano, di volta in volta ed anche contemporaneamente:
1) il metodo degli sforzi massimali,
2) il metodo degli sforzi dinamici,
3) il metodo degli sforzi ripetuti;
ovviamente con particolare riguardo ai punti 1) e 2) e, quindi, all’incremento della potenza e della forza massimale.
Il metodo originario consiste nell’alternare, nella medesima sessione, le serie con carichi elevati, fino a 6RM, a quelle di intensità più modesta, anche nell’ordine del 40-50% o 60% del proprio 1RM.
Dal momento che tutte le serie devono essere eseguite alla massima velocità possibile, questa sarà forzatamente ridotta nelle serie ad alta intensità, così da ottenere un duplice contrasto sia tra i carichi che nella velocità di esecuzione.
La ratio del metodo in questione persegue quindi, rispetto ad altre filosofie di allenamento, due concetti e principi ben definiti: uno è quello dell’alternanza tra i carichi, che si ripropone di raggiungere mire differenziate nella preparazione muscolare ed altrettanti livelli, oltre a consentire una attivazione nervosa ed una capacità di attenzione maggiore; l’altro, quello della varietà, che si prefigge di prevenire o ritardare una stanchezza, peraltro più psicologica che fisica.
Nella pratica e nelle stesure più convenzionali, il numero delle serie oscillava da 3+3 a 5+5, mentre il numero delle ripetizioni da 1-3 nei set pesanti fino a 5-8 in quelli leggeri ma poteva tranquillamente prevedere lo stesso numero di ripetizioni, tipo 5 e 5, qualora lo scopo fosse stato solo quello di variare la velocità esecutiva; le intensità dei carichi, infine, erano da rapportare alla consistenza delle serie, per cui potevano essere nell’ordine dell’80-95% nelle serie pesanti e, come si è visto, dal 40-50% fino al 60-65-70% in quelle leggere, secondo la specialità e l’obiettivo prestabilito.
Riguardo poi alla disciplina praticata, possiamo ricordare che il metodo bulgaro – così detto perché utilizzato per la prima volta e con successo in Bulgaria, quindi codificato da Spassov all’inizio degli anni ‘80 – deriva dalla pesistica olimpica e, successivamente, ha subito come sempre adattamenti per altri settori agonistici.


Passiamo adesso ad approfondire altri aspetti.
A seconda degli elementi con cui si organizza un sistema di allenamento basato sul metodo del contrasto, il fine perseguibile muta e, di concerto, anche la tipologia di forza incrementata.
Introducendo degli esercizi a carico naturale, da effettuare in serie eseguite – come ovvio - alla massima velocità, il metodo risulta applicabile a diverse specialità sportive a componente di forza esplosiva.
La raccomandazione in questo caso è di scegliere esercizi di semplice realizzazione, che non pongano problemi tecnici tali da snaturare, con l’incedere della stanchezza, l’esecuzione tecnica ottimale.
Un esempio potrebbe essere costituito dall’esercizio di squat seguito dai balzi dalla o sulla panca, utile ad esempio per i saltatori ed in particolare per quelli a più alto interesse di coinvolgimento pliometrico, come i triplisti.


Da sottolineare anche le interessanti conclusioni a cui si è pervenuti a seguito di studi effettuati da Roberto Colli sull’allenamento attraverso il metodo bulgaro del contrasto, controllando potenza ed attività mioelettrica.
Facendo infatti eseguire dapprima 10 reps. di ½ squat con l’80% dell’1RM seguite, dopo 3’ di recupero attivo, da altre 10 reps. a carico dimezzato dello stesso esercizio (40%), il miglioramento della potenza è stato riscontrato solo nelle serie eseguite ad intensità maggiore, nonostante la velocità fosse giocoforza più moderata; un risultato apparentemente analogo si è avuto prevedendo il metodo a contrasto all’interno di un’unica serie: 1 rep. di ½ squat all’80%, seguita da 1 rep di ¼ di squat con l’80% del max di mezzo squat ed equivalente dunque ad una percentuale decisamente inferiore del max del quarto di squat: bene, l’incremento della potenza media ottenuto per un tempo più lungo ad intensità più elevata nel mezzo squat è stato nettamente superiore a quello realizzatosi in un tempo minore – per cui a velocità maggiore - nel movimento del quarto di squat; proprio perché quest’ultimo è avvenuto ad un’intensità moderata, che non consentiva un alto rapporto F/T.
Ora, è chiaro che nell’escursione protratta nel tempo ed a più elevata intensità (in questo caso, il mezzo squat) si sviluppa maggiormente la forza massimale, mentre nel percorso più breve è maggiore la forza esplosiva.
Ne deriva, soggiunge il ricercatore Carmelo Bosco, che il metodo del contrasto punti proprio a creare una correlazione di questo tipo: ottenere cioè un miglioramento della potenza (forza nell’unità di tempo) con carichi elevati, legato alla diminuzione del tempo necessario a raggiungere il picco di velocità; ossia conseguire una accelerazione del carico ottimale con l’alternanza di serie pesanti ad altre leggere.


Evidente che un esperimento riferito a movimenti di ½ accosciata e ¼ di accosciata possa sembrare riduttivo a chi - come un PL o WL - ha fatto dello squat una specialità di gara o una sua componente essenziale e per il quale sarebbe appropriato sostituirli con un gesto di squat e mezzo squat oppure di box alto e basso. Tuttavia, la scelta per l’analisi di cui sopra può avere una logica trasparente se pensiamo alla specificità che tali movimenti potrebbero avere per un pallavolista nell’immediatezza di un “muro” sotto rete o in raccolta di potenza prima di una schiacciata.
Dalle descrizioni appena enunciate, si può sinteticamente dedurre che il metodo in questione, pur non adattabile nel suo insieme - sic et simpliciter - all’allenamento del powerlifter, ha tuttavia ottime referenze e precedenti nel campo della preparazione di discipline e specialità in cui le qualità di forza rivestano un ruolo determinante.
Quanto sopra è ancora più marcato laddove si renda necessario un abbinamento di più aspetti della medesima qualità, come l’esplosività unita ad una forza di base, e possa dunque essere produttivamente inserito per colmare alcuni deficit funzionali o completare certi standard di crescita essenziali pure in un atleta delle “three lifts”; sempre chiaramente rapportando il tutto alle domande: chi, perché e quando?


Poiché è ragionevole - in linea di principio - considerare l’attuazione del metodo del contrasto come una successione ed alternanza di sforzi ripetuti e sforzi dinamici, a livello di pianificazione può ben essere codificato all’interno dell’organizzazione sistemica elaborata da Zatsiorski e, pertanto, prevedere alcune varianti di applicazione così riassumibili:
1) serie pesante - leggera - pesante - leggera - pesante - leggero,
2) fase di 2 serie pesanti - fase di 2 serie leggere,
3) fasi non omogenee, tipo 2 set pesanti - 3 leggeri oppure 3+2,
4) fasi alternate di serie pesanti intervallate da una leggera,
5) fasi classiche dove ad un gruppo di serie pesante o leggero segue, per contrasto, il gruppo opposto, composto o meno dallo stesso numero di serie.

Considerando, inoltre, che la peculiarità della disciplina allenata potrebbe richiedere una preferenza o una precedenza esecutiva di sforzi esplosivi ad altri ripetuti, di sforzi massimali ad altri dinamici, di sforzi dinamico-reattivo-balistici a sforzi sub massimali, di sforzi sub massimali ad altri ripetuti ecc…, la gamma delle varianti e possibili applicazioni si diversifica ulteriormente, finendo per contemplare altre sottocategorie.
Fornendo come legenda tipica di un glossario in dottrina:
S = Sforzi o Set; M = massimali; SM = Sforzi Massimali (o sub massimali); SR = Sforzi Ripetuti; SD = Sforzi Dinamici,
potremmo allora avere, tra le altre possibili, le seguenti combinazioni:
SM o SBM – SR, esempio: 2x90% e 6x70% in successione; oppure 1x95%, 1x90% e 2x6x70% ecc.;
SM o SBM – SD, esempio: 1x95%, 6x50% ecc. oppure
SD – SBM, esempio: 3X2X70%, 3X3X85% e ripetere;
SM o SBM – SD – SR, esempio: 2x2x90%, 5x2x70%, 4x5x80%.
Chiaramente, gli esempi sopra riportati sono da intendersi esclusivamente esplicativi dei simboli connessi ed alle fattispecie di programmi che ad essi vengano adattati su misura.

Tra le pianificazioni del metodo a contrasto adottate in Italia per il sollevamento pesi, possiamo menzionare due diffusi sistemi di alternanza dei carichi:
a) proposto da Carlo Gamberini, consiste in 5/10 serie con carichi variabili dal 70 al 100%;
es. 70% - 100% - 75% - 95% - 80% - 100% - 70%;
b) citato da Andra Umili come strumento di eccitabilità del sistema nervoso, mira a superare un plateau in atleti di alto livello;
es. 6x80% - 2x90% - 1x95% - 7x75% - 1x95% - 6x80% - 1x95%.
I tempi di recupero variano ovviamente in base alle diverse esigenze del lavoro dinamico o esplosivo o ripetuto o sub massimale che si persegua e in considerazione di quale voglia essere la caratteristica da privilegiare, in coerenza con la disciplina praticata e con il periodo della stagione agonistica nel quale il lavoro secondo la metodologia a contrasto venga a giusta ragione inserito.
Nei due casi sopra ricordati, il recupero è previsto tra i 2’ e 4’ per l’esempio a) ed è a pausa di riposo completa per l’esempio b).


Gilles Cometti rammenta come, oltre che tra serie e serie, il concetto di contrasto possa essere tradotto anche nell’ambito della stessa serie tra ripetizione e ripetizione.
Esempio su 6 ripetizioni: 2 pesanti, 2 leggere, 2 pesanti.
Chiaramente il discorso non è estrinsecabile per qualunque disciplina e presuppone una consolidato aspetto organizzativo di partner e spotter per ottimizzare il sistema di carico e scarico.
Calcolando come quest’ultima applicazione sia più dispendiosa delle precedenti descritte a livello lattacido ed anche aerobico, il numero delle serie dovrà giocoforza essere inferiore a quello dei sistemi a contrasto più tradizionali.


Infine si può annoverare tra le possibili applicazioni della metodologia del contrasto anche quella che preveda sussistere il medesimo nella consecutività ed alternanza di esercizi diversi.
Il concetto può assomigliare a quello delle super serie o delle serie giganti in uso in ambito bodybuilding. In realtà si tratta di un accostamento solo apparente, poiché mentre in quel caso non si verifica soluzione di continuità tra due serie di esercizio coinvolgenti muscoli antagonisti (superserie) o tra due esercizi diversi riguardanti la stessa catena cinetica (serie giganti), nel caso nostro di specie avremo si alternanza ma pur sempre comprensiva di tempi di recupero - ad esempio – tra una serie di tirata ed una di push press o tra una serie di bench press classica ed una a presa stretta e così via.
Come utilizzo di quest’ultima applicazione di metodo a contrasto, nell’allenamento di lanciatori, pallanuotisti ed altri giocatori, si può annoverare l’abbinamento di una serie di pull over ed una di lancio del pallone medicinale, per la caratteristica consecuzione delle due particolari gestualità.
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MessaggioTitolo: Re: Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica.   Rassegna metodologica sui sistemi di allenamento per la forza specialistica. EmptyGio Feb 17, 2011 2:02 pm

wow mi ci fiondo...giusto mi voglio prendere 10 minuti di pausa da lavoro cyclops
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