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 Perchè esistono le categorie di peso

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MessaggioTitolo: Perchè esistono le categorie di peso   Perchè esistono le categorie di peso EmptyMer Gen 04, 2012 2:45 pm

Perché esistono le categorie di peso



A chi si affaccia per la prima volta al variegato mondo degli sport di forza o inizia ad interessarsi ad attività con i sovraccarichi può apparire poco comprensibile o, perlomeno, suscitare curiosità il fatto che in alcune discipline sportive – che un'antica classifica catalogherebbe genericamente nella locuzione di Atletica Pesante – esista la suddivisione degli atleti in categorie di peso, del tutto estranea ad altri sport pure tradizionali e diffusi.
Nessuno si aspetterebbe di veder distribuito un campionato di basket in ragione dell’altezza dei giocatori che lo disputano, ne un meeting di atletica leggera in base al peso personale dei partecipanti o una gara di nuoto in rapporto al peso specifico dei concorrenti separati per etnie.
E allora perché in taluni sport fondati sull’opposizione ad una resistenza di forza esiste una ripartizione riferita al peso corporeo?
La questione deve primariamente esser affrontata analizzando, nell’insieme, le discipline atletiche per quelle che, da un lato, sono le caratteristiche tecniche, biomeccaniche e fisiologiche che le costituiscono e, dall’altro, i principi, i regolamenti ed i canoni su cui storicamente sono nate e si fondano.
Alcuni sport sono incentrati su abilità tecniche o tattiche, altri su giochi di squadra, altri ancora su capacità fisiche in cui l’obiettivo (o il mezzo) è comune: lo stesso attrezzo di eguale peso utilizzato, la medesima distanza da percorrere, ostacolo da superare, ecc.
In tutti questi casi le differenze strutturali dei contendenti sono inerenti alle logiche diversità individuali, che pongono in essere pertanto il fulcro attorno a cui ruota la competizione e che ciascuno, soggettivamente, utilizzerà come arma propria per abbattere un record, superare un avversario o per giungere ad una meta.
Non sarebbe possibile suddividere gli atleti per tante categorie quante fossero gli infiniti gruppi che potrebbero nascere in riscontro ad ogni caratterizzazione valutabile e ciò non obbedirebbe neppure a criteri ben definiti di logica o di equità: trattandosi, nella fattispecie, di elementi imponderabili nella classificazione, quasi unici nella consistenza individuale, spesso non ripetibili o prevedibili nel tempo e soprattutto non intrinseci all’attività sportiva in quanto tale ed a eventuali leggi naturali che la regolano.
Invece per le specialità afferenti alla forza, allorchè essa costituisca beninteso la caratteristica essenziale, sia pur in varie esplicazioni che le sono proprie e dove di conseguenza l’obiettivo sia rappresentato dal vincere una resistenza opposta considerevole e in ascesa, accade che le leggi della natura debbano essere obbligatoriamente prese in esame per i valori che rappresentano e su cui regolamentare l’intero sviluppo della disciplina atletica in questione.



In un’attività aerobica il “motore” potrebbe essere rappresentato dall’apparato cardiocircolatorio e la carrozzeria o il telaio da quello muscolo scheletrico; allo stesso modo, qualora negli sport di forza a carattere anaerobico ( a prevalenza alattacida o lattacida) volessimo definire il muscolo deputato alla disciplina che ci interessa alla stregua di un motore che produce forza, allora, per analogia, la massa delle sue fibre potrebbe essere ben paragonata alla sua cilindrata.
In fisiologia è risaputo che la forza di un muscolo è proporzionale, oltre che ad altri parametri, alla superficie della sezione perpendicolare alle proprie fibre. In pratica, è una capacità che cresce in ragione proporzionale alla massa del muscolo. Gli individui più pesanti, che hanno una massa muscolare maggiore, riescono - a parità di altri fattori - a sollevare carichi maggiori.
La massima capacità di forza “assoluta” sarà perciò espressa dagli individui più pesanti. Non a caso i carichi più elevati sollevati in assoluto nel weightlifting o nel powerlifting corrispondono ai primati mondiali delle categoria dei pesi “ +…” oppure supermassimi.
Nel powerlifting le alzate di entità maggiore sono quasi sempre da ascrivere alla specialità dello squat, dove l’attrezzatura consente performance più evidenti rispetto a quanto garantirebbe lo stacco da terra nelle medesime alzate effettuate in modalità raw.
Ora, riferendoci ai record mondiali delle categorie di peso in vigore fino al 2010, la massima alzata assoluta ufficiale in ambito IPF è rappresentata dai 457.5kg. sollevati nello Squat dall'americano Shane Hamman nel ’96 ad un bw di 169.4 kg,, nonostante possa considerarsi di rilievo ben maggiore lo squat di 455kg. del connazionale Kirk Karwoski, eseguito l’anno prima al peso corporeo sensibilmente inferiore di 121.45 kg..
Entrambe le alzate - separate da pochi chili forse attribuibili a condizioni peculiari e strategiche della singola manifestazione - potrebbero rappresentare la massima performance di “forza assoluta”, in termini di chili, ottenuta in gara da un powerlifter con criteri rigorosi, omologabili e ufficiali in una singola alzata.
Tuttavia, prendendo in considerazione l’accosciata di Karwoski, questa alzata costituisce una proporzione tra il peso dell’atleta ed il peso sollevato inferiore ai 4bw (quattro volte il peso corporeo), ben diversa dalla proporzione ricavabile dal ex record del mondo di squat del polacco Andrzej Stanaszek di 300.5kg. ottenuto nel 2003 al peso personale di 50kg., che costituisce la massima performance di “forza relativa” pari a oltre 6 volte il proprio peso corporeo!.
E’ un po’ l’eterno dilemma se sia più forte l’elefante o la formica. Il primo è in grado di entusiasmare e regalare spettacolo per la sua capacità di spostare carichi immani in termini assoluti; eppure l’impresa potrebbe apparire molto meno eclatante se la contrapponessimo alla stessa capacità espressa dalla formica che, notoriamente, riesce a spostare pesi di decine di volte superiori alla massa del proprio corpo.
Ma come si spiega il fatto che più gli esseri sono piccoli, maggiore è la loro capacità di esprimere forza relativa, mentre, più sono grandi, maggiore è la loro capacità ad esprimere forza assoluta?



Vediamo di approfondire il discorso vagliandolo sotto l’aspetto prettamente scientifico.
Sappiamo come la forza muscolare sia una qualità fisica essenziale praticamente sempre ed ovunque ma, in particolare, negli sport ove sia preponderante vincere una resistenza considerevole ed opposta.
Si possono distinguere due aspetti all’interno della forza:
- la forza muscolare assoluta: che è la massima capacità di forza che un uomo riesce ad esplicare in un gesto determinato, aldilà del proprio peso corporeo;
- la forza muscolare relativa: che è la forza che un uomo può sviluppare in rapporto al peso corporeo; il valore si ottiene dividendo il fattore della forza muscolare assoluta per quello della massa corporea e corrisponde alla forza rapportata ad ogni chilogrammo di massa (cioè, forza muscolare relativa = forza muscolare assoluta/peso corporeo).
Abbiamo già accennato come la forza di un muscolo sia - in prima approssimazione e prescindendo dal tipo di fibre presenti e da altre considerazioni - proporzionale alla sua sezione trasversale, perciò al quadrato della superficie di sezione dei muscoli e quindi delle dimensioni lineari: dunque, cresce in ragione quadrata;
invece la massa muscolare, che produce la forza assoluta, essendo una misura di volume, è proporzionale al cubo delle dimensioni lineari e cresce in ragione cubica, facendo pertanto aumentare nella stessa proporzione il peso dell’atleta.
Supponendo allora che il corpo abbia la forma di un cubo, il lato sarà uguale alla radice cubica della massa e - in ipotesi teorica, ove il corpo sia costituito totalmente da massa magra, in particolare muscoli - la sezione trasversale sarà data dal quadrato della radice cubica della massa, ovvero dalla massa elevata a 2/3.
Si può scrivere la seguente formula, con F = forza e m = massa, introducendo la costante a che tenga in debito conto il livello qualitativo, curriculare e di preparazione dell’atleta:
F = a (m elev.2/3).
Passando ai logaritmi ed esprimendo l’esponente della massa con un numero decimale si ottiene:
log F = log a + 0,666 log m.
La rappresentazione di questa funzione e del rapporto tra la forza e la massa muscolare è una linea retta.
Considerando tali dati, si può notare come la forza relativa si comporti, in soggetti che si trovino in condizioni fisiche equivalenti, in modo inversamente proporzionale rispetto al peso del corpo: poiché, con l’incremento di volume (che è proporzionale al cubo delle dimensioni lineari), la massa corporea aumenta più rapidamente della forza muscolare, dal momento che quest’ultima è invece proporzionale al quadrato delle dimensioni lineari, ossia al diametro fisiologico.
Ecco dunque spiegato perché ad un aumento di massa non potrà corrispondere un incremento di forza proporzionale ma, d’altronde, anche l’aumento della forza (provocato da vari fattori allenanti) non comporta sempre ed in corrispettivo automatico un aumento della massa muscolare.
Vi sarebbe da precisare che il dato del peso corporeo puro e semplice non tiene conto delle differenze individuali tra massa corporea magra e grassa e dei relativi incrementi dell’una o dell’altra nell’aumento o nel calo ponderale. Tuttavia, trattandosi appunto di riscontri soggettivi che variano da atleta ad atleta - come del resto altri dati quali altezza, lunghezza degli arti, proporzioni, simmetrie e densità corporea – e non possono esser comprese in un criterio uniforme di catalogazione all’interno di una disciplina atletica, esulano dalla trattazione in questa sede.



E’ da rilevare che i rapporti tra peso corporeo e carico da sollevare, estrapolabili dalle osservazioni delle formule teoriche di cui sopra, si riferiscono soltanto alla forza massimale in assenza della velocità di sviluppo. Se si tiene conto di tale fattore, i predetti rapporti cambiano e si nota come la correlazione tra il peso corporeo ed il carico sollevato diminuisca allorquando la velocità di esecuzione aumenta: ad esempio, è stato calcolato un valore approssimato di 0,80 per il movimento di spinta, di 0,71 per l’esercizio di Slancio olimpico e 0,69 per quello di Strappo.
Si aggiunga che è stato altresì osservato come la forza relativa (per quanto attiene al Sollevamento pesi olimpico) non cresca in modo del tutto lineare in ragione inversamente proporzionale al peso. Non sempre sono infatti le minime categorie ad esprimere la massima forza relativa, bensì spesso quelle collocate immediatamente sopra ad esse.
Nel campo del Sollevamento Pesi, sul finire degli anni ’80, la parte della “formica” la conquistò di diritto il turco Naim Suleymanoglu, alle Olimpiadi di Seul nel 1988, allorché sollevò, con una alzata di slancio divenuta celebre, 190kg. ad un peso corporeo di soli 60kg.
Questa prestazione costituisce un rapporto di ben 3,16 volte il peso dell’atleta e rappresentò la maggiore espressione di forza relativa fino a quell’epoca mai registrata, persino superiore alle proporzioni riscontrabili in atleti di categorie inferiori.



In sintesi, non si può certo affermare che gli atleti pesanti, che detengono le massime prestazioni di forza assoluta, risultino anche i più forti per quanto concerne la forza “relativa”, quella cioè comparata al peso corporeo dell’atleta che la esercita.
Non è un caso che i lanciatori del peso e del martello posseggano caratteristiche fisiche e fisiologiche analoghe a quelle dei sollevatori di peso delle massime categorie. In queste specialità di lanci, infatti, la forza assoluta risulta determinante ai fini del risultato e, ad ogni aumento della “cilindrata”, corrisponde un aumento della potenza espressa e, di fatto, del risultato.
Non avviene così nella maggior parte delle altre discipline sportive nelle quali la forza non viene “scaricata” su di un attrezzo, allo scopo di accelerarlo lontano da sé ma serve per accelerare i segmenti corporei dell’atleta (es. pugilato, scherma, tennis, ecc) o l’intero corpo dell’atleta stesso (valgano ad esempio tutti i tipi di corsa, i salti, ecc.).
In tutti questi casi, il “motore” viene utilizzato per muovere se stesso ed un eccessivo aumento di peso può risultare controproducente.
Uno sviluppo ipertrofico rilevante, pur provocando maggior forza assoluta, non è sempre determinante ai fini del risultato, anzi potrebbe rivelarsi nocivo: siccome ad ogni aumento ulteriore della “cilindrata” corrisponde un aumento del peso motore che trasportiamo, il vantaggio si ottiene solo entro i limiti in cui tale peso aggiuntivo sia giustificato dall’azione da intraprendere.
Ovviamente per ogni specialità il limite si colloca in punti differenti. Il saltatore in alto, dovendo accelerare la propria massa verso l’alto, raggiunge questo limite molto presto. Il velocista, dovendola accelerare prevalentemente in senso orizzontale, troverà conveniente sviluppare masse muscolari più trofiche. Il saltatore in lungo, invece, si colloca in una posizione intermedia tra i due atleti appena menzionati. Così si spiega perché gli sprinter siano dotati spesso di muscolature poderose, molto più dei saltatori in lungo o dei triplisti i quali, a loro volta, sono più muscolosi dei saltatori in alto.
Peraltro, pure laddove la forza viene indirizzata su di un attrezzo (es. i “concorsi” nell’Atletica leggera), occorre tenere in debito conto l’importanza della velocità di sviluppo dell’esercizio che, come già riassunto sopra, muta considerevolmente i rapporti tra peso corporeo e peso da sollevare, fino a far divenire l’aspetto della massa corporea pur sempre importante ma tuttavia non decisiva ai fini della classificazione degli atleti e relativa loro distribuzione in categorie di peso.
Un buon 50% della preparazione dei lanciatori di peso di elevata qualità è basato su sovraccarichi pesanti, mentre possiamo affermare che ciò si verifica in misura senz’altro inferiore per i giavellottisti. Il motivo è la differenza nel peso degli attrezzi: oltre 7kg. il “peso” maschile, meno di 1kg. (0,800 ca.) il giavellotto; da qui la differente velocità del lancio e la diversa distanza che tali attrezzi copriranno.
I lanciatori di giavellotto hanno una scarsa correlazione tra forza massimale occorrente e velocità di esecuzione e dunque risulteranno all’aspetto meno massicci dei colleghi e svolgeranno in palestra un lavoro ridotto rispetto a quello che effettuano sul campo di atletica; i lanciatori di peso, dal canto loro, hanno una velocità di rilascio pari a 14m/s (inferiore ai 30m/s dei giavellottisti) ma con un attrezzo più pesante e daranno di conseguenza priorità ad un lavoro di potenziamento con i sovraccarichi.
Ciononostante, consistendo anche la disciplina di costoro, in ultima analisi, nella copertura di una distanza (lo spazio delimitato dalla pedana fino al punto ove atterra la palla di ferro) e non nell’incremento del carico, che resta costante ad ogni lancio e per ciascun atleta, risultano praticamente tutti molto alti e pesanti ma senza che si renda necessario distribuirli in differenti categorie ponderali.



E’ stato proprio per ottemperare all’esigenza di valutare tutte le caratteristiche della qualità di forza, non solo la forza massima assoluta ma anche quella relativa esprimibile dall’uomo che, fin dal 1905, le Olimpiadi ed i Campionati del Mondo di Sollevamento Pesi si sono svolti dividendo gli atleti in categorie di peso ed inserendoli a gareggiare in gruppi composti da concorrenti della medesima taglia, analogamente a quanto avviene nella maggioranza degli sport di combattimento (pugilato, lotta, arti marziali).
In questi ultimi si è detto che la forza non viene scaricata sull’attrezzo ma sui propri segmenti corporei e cionondimeno, a differenza di sport come il tennis o il golf dove lo strumento (la pallina) è comune a tutti i concorrenti, la resistenza da vincere (l’avversario) rappresenta un’entità di peso variabile che giustifica pertanto la statuizione delle categorie di peso, analogamente alla pesistica, sia pur con tetti ponderali inferiori dovuti alle caratteristiche di movimento, velocità e agilità intrinseche al combattimento stesso.
In casi sporadici e limitati, in ambito pesistico, l’uso delle categorie di peso è stato sostituito da calcoli numerici basati su coefficienti analitici - via via decrescenti in rapporto all’aumento del peso dell’atleta - assegnati per ciascun ettogrammo di peso corporeo e moltiplicati per il carico sollevato, fino a determinare col prodotto il punteggio finale.



Tale sistema tuttavia presenta molte approssimazioni e risulta complessivamente inadeguato e inesatto. Per prima cosa non è applicabile, a differenza della divisione in categorie di peso, agli sport ove la resistenza di forza da superare non consista nell’unità di misura di un carico (chili o libbre) ma nella massa e struttura corporea di un avversario (pugilato, tutte le forme di lotta e arti marziali): è assente, pertanto, il requisito dell’universalità del mezzo riferito alle discipline di forza; in secondo luogo dette tabelle si rivelano tutte troppo discrezionali e parziali nell’attribuzione di punteggi e mai univoche nell’indicazione oggettiva di un vincitore; infine, la proporzione in esse implicita tra peso corporeo e peso sollevato finisce per premiare inevitabilmente i campioni di forza relativa, allo stesso modo come l’assenza di categorie e tabelle avrebbe viceversa spostato l’ago della bilancia nei confronti dei campioni di forza assoluta.
I citati sistemi tabellari non sono pertanto adottati nei contesti internazionali ufficiali per l’attribuzione dei titoli in palio, poiché sostituirebbero la prestazione oggettiva premiabile all’interno delle categorie di peso con dubbie e contestabili formule matematiche.
Sono invero previsti dalle Federazioni dei Comitati Olimpici per riconoscere un'altra forma di “forza relativa”, forse meno improntata a leggi della fisica ma pur sempre legata alla biologia umana: ossia nella valutazione delle prestazioni tra atleti di diverso peso corporeo ma accomunati da ravvicinate soglie anagrafiche (classifiche juniores, master, ecc.), laddove non sia possibile, per numero limitato di concorrenti o per altre ragioni anche promozionali o locali, creare appositi Campionati riservati alle predette fasce d’età.
La volubilità delle tabelle in argomento, comunque, si rivela anche in simili situazioni; lo dimostra il fatto che, nel corso degli anni, non è mai stato raggiunto stabilmente un accordo su quale fosse il criterio numerico più affidabile, preferendo adottare man mano svariate formule (Sinclair, Schwartz, Malone, Wilks, ecc).
Da soggiungere che, non a caso, secondo rigorosa terminologia sportiva, sono denominabili con il termine “categorie” esclusivamente quelle concernenti il peso personale dell’atleta, così come riconosciute dalle Federazioni che amministrano la disciplina sportiva di cui trattasi; è improprio definire “categorie” le classificazioni relative all’età anagrafica che, per prassi comune, sono solite esser individuate come “classi di età”.



Nel weightlifting motivazioni di natura storica, geografica e politica spinsero la IWF a modificare, nel tempo, le categorie di peso degli atleti. Erano 5 dal 1920 al 1936, gradualmente portate fino a 10 nel 1980 e fino a 9 femminili.
Allo stesso modo si regolò l’IPF per il powerlifting, dove le categorie maschili arrivarono a 11: -52, -56, -60, -67.5, -75, -82.5, - 90, - 100, -110, -125 e +125kg; quelle femminili a 10: -44, -48, -52, -56, -60, -67.5, -75, -82.5, -90 e +90kg.
In altre discipline, soprattutto il pugilato, il proliferare delle categorie e delle sigle internazionali che si contendevano la boxe mondiale (alla WBA e WBC si sono aggiunte negli ultimi 30 anni la IBF, la WBO e la WBU) provocarono un moltiplicarsi dei campioni che inflazionava il valore dei titoli che avrebbero dovuto detenere e difendere. Questo purtroppo è un biasimevole aspetto di natura propagandistica e commerciale in cui immancabilmente hanno prevalso forti interessi economici, che tuttavia esula dal discorso tecnico sopra affrontato in merito alle differenze di forza e che, per fortuna, ha inciso in maniera quasi irrilevante nel panorama della pesistica mondiale.
In seguito pure nell’ambito del WL e del PL è prevalso l’indirizzo verso un’inversione di tendenza, legato alla necessità di giungere ad una nuova riduzione del numero delle categorie - attualmente ne sono previste 8 maschili e 7 femminili, sia per l’IWF che per la IPF - allo scopo di favorire e promuovere l’interesse verso la pesistica femminile e di consentire l’ingresso di nuove specialità e discipline riconosciute dal CIO, senza implementare oltre ogni limite e soffocare il già saturo programma olimpico e dei più importanti contest internazionali ed evitando una poco gratificante proliferazione e svalutazione nell’attribuzione delle medaglie.




Bibliografia
alcuni dati statistici, desunti da studi e ricerche effettuate, sono stati ricavati da:
- Zatsiorsky/Kraemer , “Scienza e pratica dell’allenamento della forza”, ed. Calzetti Mariucci,
- Verchosanskij, “Lo sviluppo della forza specifica nello sport”, Ediz. di Atletica Leggera,
- Arcelli, “Che cos’è l’allenamento”, ed. Sperling & Kupfer,
- Pozzo/Sacripanti/Zanetti “ Biomeccanica della pesistica moderna”, ed. FILPJK.


Ultima modifica di Tonymusante il Lun Gen 09, 2012 2:08 pm - modificato 1 volta.
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Psico

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MessaggioTitolo: Re: Perchè esistono le categorie di peso   Perchè esistono le categorie di peso EmptyGio Gen 05, 2012 12:13 pm

Letto tutto d'un fiato, veramente un'articolo interessante!!
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gladionar

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MessaggioTitolo: Re: Perchè esistono le categorie di peso   Perchè esistono le categorie di peso EmptyGio Gen 05, 2012 9:20 pm

io lo devo ancora leggere!ma sembra interessantissimo grazie tony
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LadyTerry

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MessaggioTitolo: Re: Perchè esistono le categorie di peso   Perchè esistono le categorie di peso EmptyLun Gen 09, 2012 9:44 am

Grazie Tony,
come sempre i tuoi articoli sono interessantissimi e spiegati sempre con la massima chiarezza possibile.
Mai mi sarei aspettata una carrellata così argomentata di spiegazioni tecniche, matematiche, filosofiche e quant'altro per analizzare un concetto come l'introduzione delle categorie di peso nelle specialità di forza.
Sei un grande!!!!!!
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MessaggioTitolo: Re: Perchè esistono le categorie di peso   Perchè esistono le categorie di peso EmptyLun Gen 09, 2012 10:21 am

LadyTerry ha scritto:
Grazie Tony,
come sempre i tuoi articoli sono interessantissimi e spiegati sempre con la massima chiarezza possibile.
Mai mi sarei aspettata una carrellata così argomentata di spiegazioni tecniche, matematiche, filosofiche e quant'altro per analizzare un concetto come l'introduzione delle categorie di peso nelle specialità di forza.
Sei un grande!!!!!!


sottoscrivo in pieno! Smile
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MessaggioTitolo: Re: Perchè esistono le categorie di peso   Perchè esistono le categorie di peso EmptyMer Gen 11, 2012 9:23 am

"allo stesso modo, qualora negli sport di forza a carattere anaerobico ( a prevalenza alattacida o lattacida) volessimo definire il muscolo deputato alla disciplina che ci interessa alla stregua di un motore che produce forza, allora, per analogia, la massa delle sue fibre potrebbe essere ben paragonata alla sua cilindrata".



...nn conviene avere una macchina di grossa cilindrata...poi la Fipl ti fa pagare il superbollo alle gare Laughing Laughing Laughing
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MessaggioTitolo: Re: Perchè esistono le categorie di peso   Perchè esistono le categorie di peso EmptyMer Gen 11, 2012 10:14 am

Scusa per la facezia di prima, non mi bannare Mister... Smile

Ora invece ti volevo chiedere per quanto attiene un passaggio che cito:

"Considerando tali dati, si può notare come la forza relativa si comporti, in soggetti che si trovino in condizioni fisiche equivalenti, in modo inversamente proporzionale rispetto al peso del corpo: poiché, con l’incremento di volume (che è proporzionale al cubo delle dimensioni lineari), la massa corporea aumenta più rapidamente della forza muscolare, dal momento che quest’ultima è invece proporzionale al quadrato delle dimensioni lineari, ossia al diametro fisiologico.
Ecco dunque spiegato perché ad un aumento di massa non potrà corrispondere un incremento di forza proporzionale ma, d’altronde, anche l’aumento della forza (provocato da vari fattori allenanti) non comporta sempre ed in corrispettivo automatico un aumento della massa muscolare".



Qui scrivi di un possibile incremento di forza avulso - o quantomeno non rigidamente legato - al canonico e più che proporzionale aumento di massa. Quali sono i fattori che possono promuovere tale tipo di obiettivo, magari proprio in ottica di stabilire un maggiore PR ulteriormente avvalorato da un BMI invariato?
Scusa la domanda, non so se esatta o pertinente...immagino peraltro che questo sia un possibile argomento di una trattazione molto estesa...
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MessaggioTitolo: Re: Perchè esistono le categorie di peso   Perchè esistono le categorie di peso EmptyVen Gen 13, 2012 7:21 am

Interessante come sempre! Very Happy
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MessaggioTitolo: Re: Perchè esistono le categorie di peso   Perchè esistono le categorie di peso EmptyVen Gen 13, 2012 3:25 pm

berserk ha scritto:

Ora invece ti volevo chiedere per quanto attiene un passaggio che cito:

"Considerando tali dati, si può notare come la forza relativa si comporti, in soggetti che si trovino in condizioni fisiche equivalenti, in modo inversamente proporzionale rispetto al peso del corpo: ...............Ecco dunque spiegato perché ad un aumento di massa non potrà corrispondere un incremento di forza proporzionale ma, d’altronde, anche l’aumento della forza (provocato da vari fattori allenanti) non comporta sempre ed in corrispettivo automatico un aumento della massa muscolare".

Qui scrivi di un possibile incremento di forza avulso - o quantomeno non rigidamente legato - al canonico e più che proporzionale aumento di massa. Quali sono i fattori che possono promuovere tale tipo di obiettivo, magari proprio in ottica di stabilire un maggiore PR ulteriormente avvalorato da un BMI invariato?
Scusa la domanda, non so se esatta o pertinente...immagino peraltro che questo sia un possibile argomento di una trattazione molto estesa...


i valori sono tutti quelli che possono essere ricompresi nel citato fattore "a", che abbiamo idealmente supposto come invariato nell'equazione F= a (m el. 2/3) e corrispondono, pertanto, alla grande maggioranza degli obiettivi sui quali si incentra la preparazione di un atleta degli sport di forza.
Solo episodicamente un agonista della pesistica, intesa nella sua accezione più ampia (wl o pl) o del pugilato o della lotta ricerca l'aumento ponderale mirato e stabile; ciò può avvenire in atleti di categorie giovanili, in altri che hanno difficoltà a restare nel peso determinato o che ambiscono per vari motivi ad una categoria superiore, oppure accade in periodo off season quando si privilegia un lavoro ipertrofico e di volume che, però, spesso provoca un incremento trofico occasionale, successivamente non consolidato.
Nella maggior parte dei macrocicli di preparazione alle gare, l'atleta prestazionale - che, in quanto tale, non è un bb - ricerca l'ottenimento della massima performance (e l'eventuale PR o record) nella categoria già propria o dove ambisce e ritiene di poter raggiungere i risultati qualitativamente eccellenti nel rapporto con l'obiettivo convenzionalmente preso a unità di misura (kg.) e/o con l'avversario.
Questo costituisce l'essenza di quasi tutte le manifestazioni agonistiche negli sport di forza (e d'altra parte non solo in essi, se si prescinde dal fattore del peso corporeo).
Per ciò che concerne i mezzi che si utilizzano per perseguire tale obiettivo, essi sono ben noti: lavori sulla forza massimale e sub massimale, esercitazioni tecnico/tattiche specifiche (a seconda della disciplina) e quindi proprie di quel gesto motorio, pianificazioni con distribuzioni di carichi e di microcicli rivolte al raggiungimento e mantenimento dello stato ottimale di forma coincidente con il momento clou, che ci si è prefissi per la stagione agonistica di cui trattasi; tale periodo topico può avere decorrenza quadrimestrale, semestrale, annuale o ciclica nel corso della stagione, con l'eventuale impiego di uno solo o di più macrocicli.
Non è certo questa la sede (ne sarebbe umanamente possibile) per descrivere tutte le tipologie di programmazioni conosciute ed i mezzi allenanti utilizzati ma è facilmente verificabile che la maggioranza dei sollevatori, dei pugili e di altri atleti di sport di forza - allorchè abbiano raggiunto, beninteso, una compiuta maturità stutturale, atletica e agonistica - svolgano gran parte della loro carriera in una o massimo due categorie di peso circoscritte (magari cercando di stallarsi intorno al limite ponderale superiore della categoria d'appartenenza, per non concedere inutili regali agli avversari) e tentando, in quell'ambito, di sviluppare la massima performance ed i propri primati personali.
Che poi, durante il periodo preparatorio, un massiccio ed intelligente lavoro sui carichi comporti egualmente un discreto e non certo deprecabile incremento di peso corporeo (prevalentemente, si auspica, di massa magra) è ovvio ma, tuttavia, trattasi di logica conseguenza e spesso di una condizione provvisoria da limare e definire in seguito, non di un precipuo obiettivo e, in ogni caso, resta un dato importante ma non il principale nell'allenamento di quella tipologia di atleti.

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MessaggioTitolo: Re: Perchè esistono le categorie di peso   Perchè esistono le categorie di peso EmptyVen Gen 13, 2012 9:33 pm

Tonymusante ha scritto:

Solo episodicamente un agonista della pesistica, intesa nella sua accezione più ampia (wl o pl) o del pugilato o della lotta ricerca l'aumento ponderale mirato e stabile; ciò può avvenire in atleti di categorie giovanili, in altri che hanno difficoltà a restare nel peso determinato o che ambiscono per vari motivi ad una categoria superiore, oppure accade in periodo off season quando si privilegia un lavoro ipertrofico e di volume che, però, spesso provoca un incremento trofico occasionale, successivamente non consolidato.


solo una curiosità...Ho visto dei programmi - vedasi quello di Powerchef - eseguire degli esercizi come lo squat in 10 x 10 (povero Chef affraid)...con quel tipo di programma si cercava forse una risposta ipertrofica o c'era un altro tipo di obiettivo?
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MessaggioTitolo: Re: Perchè esistono le categorie di peso   Perchè esistono le categorie di peso EmptyLun Gen 16, 2012 10:21 am

berserk ha scritto:
Tonymusante ha scritto:

Solo episodicamente un agonista della pesistica, intesa nella sua accezione più ampia (wl o pl) o del pugilato o della lotta ricerca l'aumento ponderale mirato e stabile; ciò può avvenire in atleti di categorie giovanili, in altri che hanno difficoltà a restare nel peso determinato o che ambiscono per vari motivi ad una categoria superiore, oppure accade in periodo off season quando si privilegia un lavoro ipertrofico e di volume che, però, spesso provoca un incremento trofico occasionale, successivamente non consolidato.


solo una curiosità...Ho visto dei programmi - vedasi quello di Powerchef - eseguire degli esercizi come lo squat in 10 x 10 (povero Chef affraid)...con quel tipo di programma si cercava forse una risposta ipertrofica o c'era un altro tipo di obiettivo?



quello che citi è sicuramente un tipo di lavoro utile nel caso si intenda perseguire un obiettivo ipertrofico ma non è certo l'unico ne è rivolto necessariamente allo scopo: nel caso specifico di Powerchef il fine ipertrofico non è davvero prioritario, visto che il buon Damiano è sufficientemente massiccio Cool
Quindi rientra nella casistica ricompresa nel "quote" da te riportato: "accade in periodo off season quando si privilegia un lavoro ipertrofico e di volume...." ma per quanto concerne soprattutto il secondo aspetto, ossia l'opportunità di svolgere un periodo di sostanzioso tonnellaggio in un programma incentrato sul volume di lavoro, in un soggetto che abbia una sufficiente anzianità di allenamento ed un discreto livello qualitativo per reggere bene un protocollo del genere.
Ovvio che poi l'incremento ipertrofico potrà verificarsi a livello contingente; tuttavia, trovandoci all'epoca largamente off season (perchè il 10x10 è già stato consumato, ormai siamo al 10x4), il peso si stabilizzerà nel range ottimale durante il periodo competitivo.
Da analizzare ancora un aspetto per il caso particolare da te menzionato: Damiano ha un bw di 88kg. ca. e quindi si trova a metà strada nella propria categoria d'appartenenza (-93kg.); un eventuale incremento di 2 kg. di massa magra - ancorchè non deliberatamente cercato - non sarebbe in ogni caso deleterio.
Lo stesso dicasi per Hencas. Più rischioso invece il discorso seguito con powerlilly, dove tuttavia - come peraltro per i due maschietti - subentrava la necessità di dare una sterzata allo squat, per cercare di avvicinarne l'apice al già ottimale livello raggiunto nello stacco.
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MessaggioTitolo: Re: Perchè esistono le categorie di peso   Perchè esistono le categorie di peso EmptyLun Gen 16, 2012 10:48 am

Tonymusante ha scritto:
"accade in periodo off season quando si privilegia un lavoro ipertrofico e di volume...." ma per quanto concerne soprattutto il secondo aspetto, ossia l'opportunità di svolgere un periodo di sostanzioso tonnellaggio in un programma incentrato sul volume di lavoro, in un soggetto che abbia una sufficiente anzianità di allenamento ed un discreto livello qualitativo per reggere bene un protocollo del genere.


Si infatti era uno spettacolo vedere come all'ultima delle 10 serie allenanti non si scomponesse, saliva e scendeva come un pistone anche all'ultima rep Shocked
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MessaggioTitolo: Re: Perchè esistono le categorie di peso   Perchè esistono le categorie di peso EmptyGio Feb 23, 2012 9:39 am

su:    http://www.accademiaitalianaforza.it/  - raggiungibile pure dal link dell'Accademia Italiana della Forza, posto in home page sul sito ufficiale FIPL -   è stata pubblicata un'edizione appositamente rivisitata ed integrata del presente articolo, corredata per l'occasione di materiale fotografico  Cool  e dove, forse, qualcuno dei miei affezionati lettori vi si potrà ritrovare immortalato.  Laughing
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