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 tecnica della panca

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MessaggioTitolo: tecnica della panca   tecnica della panca EmptyMer Set 15, 2010 12:55 pm

The bench is.......THE BENCH
Il gesto tecnico nella distensione del bilanciere su panca orizzontale


by Giovanni D'Alessandro (Tonymusante)
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Quando si discute in merito alle alzate classiche della pesistica moderna in senso lato (e non soltanto nell'accezione del termine riferita ai sollevamenti olimpici), la bench press o distensione del bilanciere su panca orizzontale è considerata tra gli esercizi multiarticolari più semplici.
Probabilmente, tale giudizio è riferito proprio al fatto che la specialità si svolge distesi sopra una panca e quindi, almeno apparentemente, sembra richiedere minor abilità e capacità coordinative.
In realtà, anche se in buona sostanza non si tratta di considerazioni del tutto errate, il concetto introduce una serie di riflessioni che ci obbligano a iniziare il discorso dai preliminari - come, del resto, conviene quasi sempre - partendo proprio da questo postulato.


IL CORRETTO POSIZIONAMENTO

Il primo passo, infatti, per apprendere come diventare uno specialista della distensione su panca è proprio quello di imparare a posizionarsi sulla panca.
Il “setup” è un fattore imprescindibile per una distensione su panca massimale ma, purtroppo, viene spesso trascurato.
Si pensi per un attimo come qualsiasi costruzione, in generale, si erga sulla base di solide e stabili fondamenta: più grande e più alta è la costruzione, tanto più risultano importanti le fondamenta.
Lo similitudine vale per il bilanciere durante l’esercizio di bench press. Se non si è posizionati in modo da creare una solida base per i muscoli impegnati nell’alzata, il pesante carico si “staccherà” dagli appoggi in maniera difforme oppure l’esercizio inizierà con una discesa insicura o il bilanciere non si solleverà dal petto o magari l’ascesa sarà asimmetrica, malferma, irregolare.

Il giusto posizionamento inizia con l’ approccio ideale alla panca. In questa fase si riconosce l’alzatore agonista dal normale utente di palestra.
La distensione inizia già con l’avvicinarsi al bilanciere: camminate dritti verso la panca ed osservate il bilanciere, controllate la distanza dei collari dagli appoggi; fate un giro su voi stessi di 180° e date le spalle al bilanciere. Sedetevi ma non crollate sulla panca, i piedi dovrebbero essere ben piantati sul pavimento ed i fianchi ben saldi.
Respirate profondamente, distendetevi indietro cercando con le mani il bilanciere; quando avete preso le necessarie misure e stabilito l’impugnatura, espandete il gran dorsale e contraete la parte bassa della schiena. Piedi, fianchi, schiena e spalle devono essere pronti a fornire una solida base ed il naturale supporto al sollevamento.
Gli occhi dovrebbero essere allineati al bilanciere: se scivolate troppo in alto sulla panca, il bilanciere potrebbe colpire gli appoggi nella fase di risalita, se siete sistemati troppo in basso la posizione potrebbe risultare svantaggiosa, il bilanciere si troverà sempre lontano dal piano perpendicolare sul busto o, in alternativa, dovrete dimenarvi per sistemarvi sprecando quindi energie preziose con scarsa possibilità, per giunta, di percepire il giusto posizionamento quando il peso già grava sulle articolazioni.
Le gambe formano un angolo acuto, all’altezza delle ginocchia, con le cosce; i piedi sono poggiati sulla pedana con tutta la suola, vicini alla panca ma senza toccarla. Con i piedi vicino alla panca è più facile mantenere la schiena inarcata e l’angolo acuto delle gambe consente di spingere efficacemente contro il suolo con azione antigravitazionale nel momento topico dell’esercizio di sollevamento.
Per atleti con arti inferiori particolarmente lunghi, lo stesso arco potrebbe ottenersi accentuando la divaricazione delle cosce e ponendo quindi i piedi in posizione più alta rispetto al limite inferiore della panca ( cioè più vicini alla perpendicolare con i gomiti ) quasi a delimitare con la base della panca i vertici di un triangolo.

Le scapole sono addotte, retratte e ben poggiate sulla panca, così da avvicinare il torace al bilanciere; la zona lombare è contratta e consente l’arco dorsale. Più breve è la distanza che il bilanciere deve percorrere e più elevato sarà il carico che riuscirete a sollevare.
Ian King, allenatore australiano di powerlifting ha detto: “ inarcare la schiena è probabilmente la tecnica più potente tra tutte quelle relative alla bench press e può conferirvi fino al 20% in più sul vostro massimale”.
Il gluteo è saldamente a contatto con la panca, pronto a contrarsi, senza sollevarsi, nella fase di risalita del bilanciere dal petto.
L'azione sinergica di glutei, lombari, dorsali e zona posteriore del trapezio consente l'innalzamento della cassa toracica e la contemporanea tensione dei muscoli coinvolti, determinando un percorso del bilanciere inferiore, sia in fase eccentrica verso il torace, sia in quella concentrica durante l'alzata.


LA PRESA

Sono state scritte molte cose sulla presa migliore per la distensione su panca. Alcuni sostengono una presa larga per abbreviare l’escursione, altri una più stretta per coinvolgere maggiormente il tricipite o per adattarsi ad alcune “maglie” di supporto. In realtà è opportuno adattare la presa alle caratteristiche morfologiche del soggetto.
Un importante punto di riferimento è costituito dalla posizione degli avambracci e dei gomiti rispetto alle mani. La presa migliore dovrebbe essere quella che consente, in fase di discesa, di portare gli avambracci in posizione verticale rispetto alle mani allorché il bilanciere si trovi a contatto con la parte inferiore del petto.
Questo però è un concetto di postura da sempre raccomandato in didattica e valido per un’ esecuzione pulita dell’esercizio anche se per l’atleta, il powerlifter agonista, la situazione è parzialmente diversa.
Come vedremo nelle descrizioni delle fasi di discesa e salita del bilanciere, la posizione dei gomiti subirà piccoli correttivi pur rimanendo comunque rivolta a formare un angolo acuto tra il braccio e l’avambraccio, senza tuttavia risultare spesso così decisiva nella scelta dell’impugnatura ottimale.
In ogni caso, indifferentemente da quanto distanziate le mani (nei limiti degli 81 cm. da indice a indice), c’è una regola inflessibile che dovete seguire per ragioni di sicurezza e regolamentari oltre che per ottenere il massimo risultato: non eseguire mai la distensione con una presa digitale (senza pollice); il bilanciere deve essere impugnato con il pollice in chiusura (in opposizione alle altre dita). Non c’è alcun vantaggio ad usare una falsa impugnatura ma al contrario una discreta probabilità che il bilanciere possa scivolarvi nel corso dell’alzata senza possibilità per lo spotter o gli assistenti in pedana di intervenire e causarvi gravi infortuni.
Uno sbaglio comune nell’impugnatura è quello di tenere il bilanciere troppo alto sui palmi della mano, cioè in prossimità delle dita; questo causa l’iperpronazione del polso ( eccessivo piegamento all’indietro ) con conseguente perdita di potenza e, a gioco lungo, il possibile insorgere di tendinite.
Al contrario il bilanciere va poggiato al centro del palmo, verso la base della mano, tenendo i polsi dritti. Questo consente di trasferire la potenza espressa dai pettorali, dai deltoidi e dai tricipiti direttamente sul bilanciere e di sfruttare al meglio la capacità di spinta dell’avambraccio nell’ultima fase della salita quando lo stesso imprime una leggera rotazione al movimento della barra.


LA RESPIRAZIONE

Il terzo elemento fondamentale per la massima distensione è la corretta respirazione.
Quando dovete eseguire una singola alzata o una prova di gara, avvicinatevi alla panca cominciando a respirare profondamente. Continuate con questa ossigenazione quando siete già sdraiati, come se foste un sub che cerca la “compensazione” prima dell’immersione.
Avrete la sensazione che il tempo stia rallentando; sarete in grado di eliminare tutte le possibili distrazioni e di concentrarvi solo su una cosa: il sollevamento massimale. Esistete soltanto voi e il bilanciere sopra i vostri occhi. Lui è inerte tuttavia, tra non molto, vi minaccerà dall’alto come una spada di Damocle…..ma voi siete tremendamente convinti, cazzuti!
Il vostro “ultimo respiro” dovrebbe essere fatto appena prima di sollevare il bilanciere dagli appoggi e l’espirazione dovrebbe accompagnare lo stacco dai ritti.
Evitate di forzare la respirazione quando state già trattenendo il bilanciere con le braccia distese sopra il petto; il peso renderebbe impossibile un respiro veramente profondo e influirebbe negativamente sulla capacità di espansione della cassa toracica.
Inspirate senza forzare all’inizio della fase discendente e trattenete l’aria mentre avvicinate il bilanciere al petto, proseguite l’apnea nella fase di “fermo” al petto ed anche nella fase immediatamente iniziale della spinta.
Trattenere il respiro al momento giusto è importante in quanto l’aumento della pressione intra - addominale vi aiuta a superare il punto critico e vi da la sensazione di stabilità e fiducia durante l’inversione di marcia. Senza quella spinta psicologica, vi sentireste schiacciati sotto un carico pesante, cosa che potrebbe farvi fallire il sollevamento mentalmente prima ancora che esso sia iniziato.
Cominciate poi ad espirare il più violentemente possibile immaginando di condurre il bilanciere grazie alla sola potenza del respiro. Fate finta di usare il respiro per spingere il peso oltre il punto di arresto raggiungendo la massima espirazione nella fase finale dell’alzata.
Quando invece vi trovate a completare serie che prevedano più di una ripetizione, usate lo stesso modello di respirazione ma non espirate altrettanto violentemente, poichè altrimenti rischiereste, buttando fuori tutta l’aria ad ogni ripetizione, di andare fuori ritmo, costretti ad ansimare e ad inspirare di nuovo prima di cominciare la ripetizione seguente.
Dovreste espirare vigorosamente ma non completamente mentre spingete il carico verso l’alto, cominciare ad inspirare quando bloccate le braccia e state per iniziare la discesa, quindi proseguire trattenendo il respiro come precedentemente descritto.


LA FASE ECCENTRICA

Il momento successivo nella corretta esecuzione della bench press è costituito dalla fase eccentrica dell’esercizio, vale a dire nell’abbassamento del peso.
Se abbassate il peso troppo lentamente vi stancate troppo ma se lo abbassate troppo velocemente non sarete in grado di posizionarlo nel modo giusto per esercitare il massimo sforzo nella successiva fase ascendente.
In tutte le palestre in cui vi capita di andare potete vedere atleti, pure potenzialmente discreti, che lasciano cadere i pesi fino al petto per aiutarsi con il successivo rimbalzo nella risalita.
Osservate pure il loro sviluppo e la qualità muscolare e poi confrontateli con quelli di un sollevatore di pesi che abbassa il carico sotto controllo per poi rialzarlo usando la forza muscolare e la tecnica appropriata.
Alcuni sono convinti che il metodo del “rimbalzo” sia utile per allenare l’esplosività. In realtà, lasciando crollare il bilanciere si cerca l’effetto pliometrico conseguente ad una qualunque caduta dall’alto; tale effetto, al contrario, è proprio ciò che impedisce di esprimere la potenza esplosiva necessaria per partire da una condizione di fermo.
C’è anche un altro fattore da prendere in considerazione allorché un carico venga abbassato troppo velocemente: cioè che la quantità di forza necessaria per invertire la direzione, una volta esaurito l’effetto dello slancio pliometrico, è decisamente maggiore del peso del bilanciere.
Quindi se abbassate il peso sotto controllo avrete bisogno di meno forza per sollevarlo, avrete maggiore padronanza e stabilità nell’esecuzione dell’esercizio ed eviterete gran parte degli infortuni al petto, alle spalle ed ai gomiti, conseguenza appunto di atteggiamenti scriteriati.
Ovviamente è altrettanto controproducente una discesa eccessivamente lenta, utile solo nel body buiding per cercare una progressiva situazione di acidosi nei muscoli. Nell’allenamento per la forza massimale, l’obiettivo primario è forzare il sistema nervoso a reclutare con maggiore efficienza le fibre a contrazione veloce. Con una velocità eccentrica maggiore, pur se controllata, si concede al sistema nervoso più di una pausa tra le esplosioni, in quanto la tensione è ridotta; così facendo i muscoli devono contrarsi da una posizione più rilassata forzando in tal modo il sistema nervoso ad adattarsi.

Un altro aspetto fondamentale dell’abbassamento del peso riguarda la posizione dei gomiti.
Molte persone hanno sviluppato l’abitudine di tenere la parte superiore delle braccia (cioè il braccio propriamente detto che va dalle spalle al gomito) ad un angolo quasi retto rispetto al tronco, quando il bilanciere tocca il petto. Questo significa che se tracciaste una linea dal gomito sinistro del sollevatore a quello destro questa passerebbe direttamente sopra entrambe le spalle o, quanto meno, vicino ad esse. Significa anche che i gomiti sono in linea con la gola del sollevatore o, nel migliore dei casi, con la parte superiore del petto.

La posizione ora descritta è assolutamente svantaggiosa nella distensione.
Come vedremo, l’esercizio di bench press è una combinazione di movimenti verticali e orizzontali.
Il modo appropriato per eseguire la distensione è quello di abbassare il bilanciere fino alla parte inferiore del petto e spingerlo in alto (movimento verticale) ma all’indietro (movimento orizzontale), cosicché alla fine del sollevamento il bilanciere si sia spostato in alto ma orizzontalmente rispetto alla parte inferiore del petto fino a trovarsi sopra la faccia dell’atleta che esegue l’alzata.
Questa combinazione di movimento orizzontale e verticale è il modo biomeccanicamente più vantaggioso per eseguire l’esercizio con un carico massimale.
Ora, uno dei problemi nel tenere il braccio quasi in linea con le spalle nella fase di discesa del bilanciere è che risulterebbe impossibile inserire poi il movimento orizzontale nel sollevamento.
I sollevatori che abbassano il bilanciere con questa tecnica sono costretti a toccare la parte superiore del petto. Quando però iniziano la fase di risalita, il loro arco di movimento è limitato tra i 2 e i 5 cm. e, immancabilmente, falliscono i tentativi pesanti non appena il bilanciere si è sollevato di 10 – 12 cm. dal petto.
Il fallimento avviene in questo punto perché esso è esattamente il momento dove avrebbero dovuto inserire un movimento orizzontale, risultato di fatto impossibile in quanto sono partiti con il bilanciere posizionato sulla parte superiore del petto.
D’altra parte, anche extra contest e qualora intendessero effettuare delle ripetizioni al posto dell’alzata singola, sarebbero svantaggiati dalla leva di sollevamento utilizzata che li costringerebbe a cedere molto prima che subentri l’effettiva incapacità muscolare.
Inoltre, tenendo i gomiti all’indietro e quasi in linea con le spalle, restano tagliati fuori (al contrario di ciò che comunemente si pensa) proprio i più potenti muscoli del petto.

Le solite leggende nel mondo delle palestre sostengono che effettuare la distensione su panca con i gomiti larghi serva a costruire i muscoli del petto. Peccato che l’anatomia e la fisiologia non siano d’accordo.
I muscoli del petto hanno tre funzioni principali: addurre il braccio verso il corpo, anteporlo ed intra ruotarlo.
Andando nello specifico della nostra trattazione, lo spostamento del braccio in basso ed all’interno dovrebbe costituire la funzione principale dei muscoli del petto riferita alla distensione su panca.
Se ci si pone dinanzi ad uno specchio e si contraggono i muscoli del petto, mantenendo al contempo i gomiti in linea con le spalle, si vedrà che il coinvolgimento del petto non è apprezzabile in quella posizione; ma se si abbassano le braccia, incrociandole sul corpo, come nella posa del “most muscolar” (quindi con le mani unite all’altezza della cintura), ci si accorgerà che i muscoli del petto si gonfiano considerevolmente.
Questa è all’incirca la posizione che devono avere i gomiti e le braccia quando il bilanciere si trova sul petto, nel punto basso della distensione su panca.
Iniziando il sollevamento con i gomiti e la parte superiore delle braccia posizionate in quel modo, potrete esplodere tutta la forza dei vostri muscoli del petto mentre, al contrario, persistendo nell’uso della tecnica con i gomiti larghi, taglierete fuori i pettorali ed accentuerete lo sforzo sull’articolazione delle spalle con la conseguenza che, oltre a ridurre considerevolmente l’arco di movimento nella fase di spinta, aumenterete le percentuali di rischio di infortuni a danno della cuffia dei rotatori e del cingolo scapolo omerale.
In conclusione la posizione biomeccanica più favorevole prevede un angolo di circa 45° del braccio propriamente detto rispetto al tronco (cioè l’angolo tra il braccio e la cassa toracica). L’angolo effettivo ovviamente varia da sollevatore a sollevatore a seconda della lunghezza degli arti, della dimensione del tronco e di altri fattori collegati.

Queste considerazioni riguardano la biomeccanica essenziale dell'esercizio di bench press, così eseguito senza l'uso di una particolare attrezzatura.
L'utilizzo di quest'ultima, invece, modifica e devia concretamente alcuni canoni del setup e della traiettoria del bilanciere in assetti unequipped, come precedentemente descritti.
Tuttavia, poichè l'attrezzatura regolamentare è sottoposta, nel corso degli anni, a continue approvazioni ed omologazioni da parte di Organismi e Federazioni, non può costituire nella presente fase una base di partenza e un presupposto per la didattica elementare e basilare dell'esercizio in parola.


LA PAUSA AL PETTO

Massimizzare la produttività della distensione è possibile utilizzando anche in allenamento la pausa al petto di ca. 1” ( contare: milleuno)
E’ un modo per allenarsi brutale ma molto efficace che, inizialmente, vi costringerà ad abbassare percentualmente i vostri carichi ma, poi, ve li restituirà in termini di resa in gara (dove il “fermo” è notoriamente obbligatorio).
Quando effettuate la pausa al petto dovete restare comunque contratti, duri, non potete rilassarvi pena la perdita di efficacia di tutto il setup iniziale e del pre stiramento fornitovi dalla fase eccentrica del movimento.
Tutto il vostro corpo in sinergia deve essere pronto ad esplodere la potenza della successiva alzata.
Chiaramente, l’allenamento con il “fermo” richiede anche notevole dispendio di energie nervose e, pertanto, può essere un mezzo importante ma non l’unico in preparazione ad una gara.
Quando si eseguono le alzate senza la pausa al petto, può essere opportuno ricorrere alla cosiddetta “inversione di marcia”, che da soluzione di continuità tra le due fasi del movimento, eccentrica e concentrica, senza sottoporre il fisico allo stress del “fermo” vero e proprio.
Tra le esercitazioni che vi abituano al “fermo” di gara, vi sono le parziali al power rack (“gabbia”) e le board press, soprattutto per chi fa uso dell’attrezzatura specifica. L’illustrazione di questi esercizi esula tuttavia da questa parte della presente trattazione.


L'AZIONE CONCENTRICA DELL'ALZATA

L’aspetto principale della bench press è ovviamente il sollevamento del bilanciere dalla posizione di “fermo” al petto fino alla completa distensione delle braccia.
Il punto chiave di questa fase dell’esercizio consiste – come si è già detto – nell’unire all’essenza verticale del sollevamento una concreta componente di spostamento orizzontale. In altri termini, oltre a sollevare il bilanciere fino alla completa estensione dell’avambraccio sul braccio lo si spinge contemporaneamente all’indietro.
Il bilanciere dovrebbe muoversi da un punto che per taluni si trova immediatamente sopra i capezzoli, per altri appena sotto e leggermente sopra lo sterno, fino a trovarsi perpendicolarmente rispetto al naso (o tra il naso e gli occhi).
La componente di spostamento verticale è calcolabile tra i 30 ed i 35 cm. mentre quella orizzontale tra i 24 ed i 28 cm.
Sostanzialmente e con le opportune approssimazioni dovute alla lunghezza degli arti ed alle tecniche di esecuzione, possiamo dire che ogni 5 cm. di ascesa il bilanciere si sposta indietro per 4 cm.
Il movimento orizzontale è fondamentale, in quanto qualsiasi riduzione di questa componente nella traiettoria del sollevamento causa una drastica riduzione nel carico massimo spostabile stimabile all’incirca nel 10% del totale.

Per apprendere l’esatto movimento orizzontale occorre innanzi tutto pensare alla posizione delle mani: esse condurranno il bilanciere in alto e indietro dal petto verso gli occhi.
La larghezza della presa prescelta deve essere tale da consentire, allorché il bilanciere si trova poggiato sul petto, di mantenere i gomiti in verticale sotto le mani. In caso contrario, gli avambracci non saranno perpendicolari al pavimento ed una parte sostanziosa della potenza di spinta andrà perduta poiché sarà trasferita in traiettoria obliqua anziché spingere il bilanciere verso l’alto.
Con la presa ottimale ed i gomiti in linea con le mani, gli avambracci potranno tracciare il percorso già ricordato di spostamento verticale ed orizzontale al tempo stesso. E’ tuttavia necessario che le mani ed i gomiti continuino a viaggiare insieme: se infatti le mani dovessero allontanarsi dai gomiti nella posizione finale del sollevamento, sarebbe quasi impossibile raggiungere il blocco dell’articolazione con un carico pesante, in quanto la distensione su panca si sarebbe trasformata in un esercizio di isolamento per i tricipiti (french press).
Talvolta, nelle gare di bench press o di powerlifting, si vedono sollevatori “esplodere” letteralmente con il bilanciere dalla posizione bassa allontanandolo di ca. 6/7 cm. dal petto; tuttavia proprio a questo punto si bloccano. Appena raggiunto il punto di difficoltà (cd. “punto morto”), hanno permesso ai gomiti di scivolare verso i piedi.
Quando i gomiti ruotano verso i piedi, i tricipiti diventano i soli muscoli deputati in maniera sostanziale al sollevamento ma chiaramente, da soli, non sono in grado di supportare l’intero sforzo dell’alzata consistente in un carico determinato per un intervento multiarticolare.
Il buon esecutore della distensione su panca, viceversa, raggiunto il punto di difficoltà a 5/7 cm. dal petto, inizia a spostare il bilanciere all’indietro orizzontalmente verso il viso. Esegue questo movimento con una retroposizione del braccio propriamente detto, avendo cura che i gomiti restino perpendicolarmente in linea con le mani.

Potremmo semplificare l’azione suddividendola in tre fasi:
1) la prima richiede un movimento esplosivo che allontani nel modo più repentino il bilanciere dal petto. Il gran dorsale ed i bicipiti ( poichè si trovano più in basso rispetto alla panca) svolgono un ruolo spesso sottovalutato ma in realtà fondamentale.
Abbiamo parlato in precedenza di uno spostamento variabile dai 5 ai 7 cm., ma ovviamente la circostanza risente dell’equipaggiamento dell’atleta: ovvero se il medesimo sia provvisto della speciale attrezzatura di supporto (maglia omologata) o se esegue la distensione in assetto “raw”.
Alcuni lifters - a seconda della lunghezza delle leve articolari, della dimensione del busto e della forza dei diversi gruppi coinvolti nel sollevamento – preferiscono allontanarsi dal petto con un’inclinazione di ca. 60°, altri alzare il bilanciere verticalmente per i primi centimetri di escursione.

2) Adesso inizia la seconda fase. A questo punto l’iniziale contrazione del muscolo pettorale supportata dalla spinta di reazione alla fase eccentrica fornita dal gran dorsale si è esaurita, portando il bilanciere alla sua altezza massima. Se in questa fase non si inserisce un movimento orizzontale a carico dei deltoidi e del trapezio, con un carico pesante si è quasi certi di fallire l’alzata.
In questa situazione il serratus svolge un importante lavoro isometrico di sostegno per il quale sarebbe opportuna un adeguato allenamento nelle fasi e nei cicli preparatori precedenti la gara principale.
Lo spostamento deve avvenire con determinazione in una frazione di tempo per consentire di opporsi duramente al peso e, nel contempo, muovere il bilanciere dalla parte inferiore del petto gradualmente verso la faccia.

3) Nella terza fase si completa la distensione. Lo spostamento del bilanciere, di cui si è parlato prima, si tradurrà solitamente in un allontanamento delle mani dai gomiti; ecco perché è necessario correggere immediatamente la situazione con una presa molto salda e con il lavoro dei muscoli dell’avambraccio, in particolare l’anconeo, mentre il tricipite (capo laterale e mediale) effettua la chiusura dell’escursione.

Esistono principalmente due diverse impostazioni tecniche per portare a compimento la fase terminale del movimento. La prima tecnica fa capo ad Arthur Jones - l’inventore delle popolari macchine “Nautilus” - il quale, rivolgendosi all’epoca ad atleti non provvisti delle maglie di supporto, teorizzò il famoso movimento a “J” delle braccia; l’atleta in sintesi chiudeva la distensione con una leggera intrarotazione del polso provocata dall’intervento determinante dei muscoli dell’avambraccio, che lasciava appunto intravedere il disegno di una lettera J nel movimento coordinato di spalle e braccia accompagnata dalla rotazione dello stesso bilanciere facilitata anche dal sistema dei “cuscinetti”. Jones sosteneva essere questa la biomeccanica più favorevole al movimento di specie.
Successivamente Louis Simmons, l’ideatore del “Westside system” propugnò la tesi della traiettoria non curvilinea del bilanciere in salita, fondata sulla legge che la via retta è certo la più breve ma, soprattutto, rivolgendosi ad atleti equipaggiati con l’attrezzatura specifica e mirante, di conseguenza, ad ottenere da essa il maggior vantaggio possibile. Si trattava in questo caso di sfruttare al massimo la spinta verticale dei tricipiti ( il cui allenamento è preponderante in Simmons) per ovviare all’esaurimento, nel punto “morto”, della fase di esplosività iniziale agevolata dalla maglia.
Come si potrà vedere in altra sede, per l’intervento dei tricipiti si possono eseguire le distensioni a presa stretta su panca sia orizzontale che inclinata mentre per abituarsi al superamento del cosiddetto “punto morto”, in special modo per chi usa l’attrezzatura, è di grande utilità la floor press ( distensione dal pavimento) da eseguirsi, preferibilmente, con il bilanciere al fine di simulare la situazione di gara.
Logicamente queste tre fasi devono essere svolte senza soluzione di continuità, velocemente ed alla massima sincronia possibile di tutte le catene cinetiche interessate, poiché chiaramente un sollevamento ottimale richiede, oltre alla forma di esecuzione tecnica migliore, la sinergia ed il coordinamento perfetto di tutti i momenti dell’alzata.

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MessaggioTitolo: Re: tecnica della panca   tecnica della panca EmptyMer Set 15, 2010 12:57 pm

Pressing the PL Way
(Articolo pubblicato nella rivista Olympian’s News nr.76 di marzo-aprile 2006)

By Francesco Borelli (Ardus)
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"Ho visto cose che voi umani non potreste immaginare" recitava Rugter Hauer nei panni del replicante Roy Batty, nella scena finale di Blade Runner, ma sono sicuro che nemmeno lui sarebbe in grado di immaginare quello che è possibile vedere quotidianamente nelle palestre che ho frequentato e che frequento tuttora!
Lo scenario che si presenta è piú o meno sempre lo stesso: ogni esercizio, qualunque esso sia, é puntualmente eseguito nella peggior maniera che mente umana puó concepire. Mi sono sempre chiesto quale sia l’utilitá di eseguire un esercizio come la panca, portando il bilanciere alla gola e tenendo le gambe incrociate a mezz’aria, cosí come non capisco quei soggetti che caricando 200 kg al multypower eseguono “decimi” di squat grugnendo come facoceri.
E non pensiate che le cose vadano meglio con la programmazione dell’allenamento poiché nel migliore dei casi questa si riduce a “tirare sempre e comunque fino alla morte”. Poi ci si domanda il perché degli infortuni e dello stallo…
La realtà è che per raggiungere determinati risultati, siano essi sportivi o “estetici”, nulla dovrebbe essere lasciato al caso e, anzi, si dovrebbe avere una chiara comprensione di come e perché un allenamento debba essere strutturato.
In questa sede è mia intenzione discutere con i lettori di Olympian’s news la corretta tecnica d’esecuzione della panca piana competitiva ed esaminare in seguito un programma d’allenamento, finalizzato all’aumento della forza massimale per “panchisti raw”, ossia coloro che non utilizzano l’attrezzatura di supporto specifica per il powerlifting, in questo caso la “bench shirt”


First Step: The Set Up

Come dice Sebastian Burns, noto panchista d’oltreoceano, “la battaglia è vinta o persa nel set up”: questo è particolarmente vero nel momento in cui ci si accinge a sollevare un carico massimale, poiché in quel frangente non vi è spazio per alcun tipo di errore. Vediamo quindi come adoperarci per ottenere un set up ed una tecnica d’esecuzione impeccabili.

Il primo semplice passo da fare è stendersi sulla panca! Una volta distesi assicuratevi di tenere i piedi ben saldi a terra e possibilmente ben distanziati: questo assicurerá la stabilitá necessaria e fará sì che i glutei rimangano a contatto con la panca per tutta l’alzata, cosa molto importante in gara, dove un distacco del fondoschiena dalla superficie d’appoggio darebbe luogo ad un nullo; ripetiamo che i piedi devono essere ben piantati al suolo con punta e tallone che toccano terra. Stare “sulle punte”, oltre ad essere considerato fallo in gara, puó anche compromettere la stabilitá, quindi regolatevi di conseguenza. La possibilitá di tenere i piedi poggiati sulla panca, o le gambe incrociate a mezz’aria non dovrebbe essere neanche lontanamente presa in considerazione poiché sembra chiaro come, venendo a mancare la spinta delle gambe al suolo, la potenza risulti drasticamente ridotta, anche a causa dell’impossibilitá di bilanciare e stabilizzare adeguatamente il busto sulla panca.



Probabilmente all’inizio non avrete la flessibilità adeguata per allargare molto le gambe, tuttavia con un po’ di stretching per i flessori dell’anca e la pratica riuscirete ad essere abbastanza sciolti da mettervi in posizione senza problemi.
A questo punto afferrate il bilanciere con entrambe le mani e cercando di “tirarlo” a voi (rimarrá negli appoggi ovviamente) inarcate la schiena e adducete il piú possibile le scapole: è importante che quest'ultime rimangano addotte per tutta la durata dell’alzata. Potrete notare, infatti, come addurre le scapole vi permetterá di limitare qualche centimetro l’escursione del movimento, cosa che solitamente si traduce in chili in piú da caricare sul bilanciere e conferirá inoltre maggior stabilitá alla parte alta della schiena.
La testa dovrá essere tenuta saldamente sulla panca, evitando che si alzi in quanto, sebbene non sia un motivo di annulamento dell’alzata in gara, ridurrebbe in una certa misura la potenza in fase di spinta (Berger, 1991).
Questa quindi, è la vostra posizione di partenza.
Analizziamo ora le fasi che compongono l’alzata, prendendo in considerazione due diversi modelli esecutivi.


Tecnica d’esecuzione #1: Traiettoria verticale

Tale tecnica, comunemente adottata dagli atleti del Westside Barbell Club, prevede che la traiettoria del bilanciere sia perfettamente verticale. L’idea è: la distanza piú breve tra due punti é una verticale, quindi minore la distanza, maggiore il carico utilizzato.
Fatevi aiutare dallo spotter a staccare il bilanciere dagli appoggi (in questa maniera eviterete di perdere subito il setup) e portate il bilanciere in linea con la parte bassa del pettorale. Solo a questo punto potrete cominciare ad abbassare il bilanciere: infatti, se iniziaste la discesa con l’asta a livello della gola, per portarla sulla parte bassa del petto dovreste compiere un movimento simile ad una “J” che probabilmente ripetereste, per riflesso, in fase di risalita.
Durante la discesa, che dovrá essere sì veloce ma controllata, dovrete cercare di “chiudere” in maniera deliberata i gomiti non lasciandoli allargare verso l’esterno. Questo permetterá un maggior coinvolgimento dei dorsali che in tal modo sopporteranno il carico per tutta la fase negativa. Di fatto se permetteste ai gomiti di allargarsi nella fase eccentrica, il coinvolgimento dei dorsali risulterebbe notevolmente ridotto aumentando invece le forze di rotazione (torque) che agiscono sui deltoidi e ció renderebbe la discesa molto piú difficoltosa, compromettendo inoltre la risalita giacché si avrebbe minor potenza nei primi centimetri della spinta. Senza contare che a lungo andare questo pattern di movimento potrebbe causare danni alle spalle e nello specifico ai muscoli della cuffia dei rotatori (sovraspinato, infraspinato, teres minore e subscapolare).
Siamo arrivati a poggiare il bilanciere sulla parte bassa del pettorale (circa alla fine dello sterno).
A questo punto, senza rimbalzi, è necessario invertire il movimento iniziando a spingere…con le gambe! Per quanto possa sembrare strano (fino ad un certo punto) la spinta inizia sempre imprimendo maggior potenza mediante la pressione esercitata dai talloni al suolo (il famoso “leg drive”).
Spingete quindi con forza il bilanciere verso l’alto, tentando di compiere un movimento perfettamente verticale (potete aiutarvi immaginando di spingere in alto e verso i piedi). Ricordate di mantenere i gomiti “all’interno” (attenzione che non si allarghino) e le scapole retratte anche in fase di risalita.


Tecnica d’esecuzione #2: Traiettoria a “J”

La seconda versione che vedremo ora è pressoché simile alla precedente, sebbene in questo caso la traiettoria seguita dal bilanciere non sia una linea verticale bensí una “J” molto pronunciata.
Sempre facendovi aiutare dallo spotter staccate il bilanciere dagli appoggi e portatelo all’altezza della gola o anche piú in alto, verso gli occhi: da questa posizione iniziate la discesa accompagnando il bilanciere sulla parte bassa del pettorale mantenendo i gomiti “serrati” come esposto precedentemente. Appoggiate il bilanciere al petto e senza rimbalzare iniziate la risalita (ricordate che la spinta parte sempre dalle gambe, che, infatti, spingono nella direzione in cui si muove il bilanciere, ossia verso il volto, aiutandovi cosí nella prima porzione di movimento): come accennato, la fase positiva seguirá una traiettoria simile ad una “J”, poiché dovrete spingere verso l’alto e contemporaneamente verso il volto. È importante notare come i gomiti debbano sempre rimanere rivolti all’interno per circa ¾ del movimento: arrivati in fase di chiusura, lasciateli allargare (in realtà è meglio se fate uno sforzo deliberato per allargarli) e continuando questo movimento “diagonale ascendente” guidate il bilanciere fino alla chiusura completa delle articolazioni dei gomiti. Al termine del movimento il bilanciere dovrebbe trovarsi all’incirca nella posizione di partenza, quindi se siete partiti con il bilanciere in linea con il mento è lì che dovrebbe trovarsi ad alzata completata.
Nonostante questa metodica richieda un movimento piú ampio per effettuare la distensione, non è detto che questo sia uno svantaggio: alcuni trovano tale “percorso” piú naturale rispetto alla traiettoria verticale, sfruttando il miglior leveraggio che ottengono in fase di lockout.


Considerazioni sulla tecnica d’esecuzione

Parlando di tecnica d’esecuzione, sottointendiamo l’efficacia del gesto rispetto alle finalitá intrinseche dello stesso (in questo caso l’aumento del carico sollevato nella distensione su panca): le due tecniche analizzate in questo articolo rappresentano dei "modelli teorici ideali”, ossia delle linee guida che possono e devono essere adattate alla biomeccanica e alle qualitá fisiche dell’atleta.
Possiamo dunque affermare che non esista una tecnica migliore “in assoluto”: dovrá essere l’atleta, mediante la sperimentazione, a capire quale dei due schemi di base gli sia piú favorevole dal punto di vista funzionale. Capito questo sará suo compito tentare di migliorare la propria esecuzione, al fine di avvicinarsi il piú possibile a quella che è definita “una tecnica razionale che assicuri l’impiego economico ed ottimale delle qualità fisiche” (Harre 1972) apportando anche delle variazioni al modello base, purché l’esecuzione sia regolamentare dal punto di vista agonistico (ad esempio utilizzare qualsiasi tipo di rimbalzo al petto, sebbene renda “piú economica” l’esecuzione, è vietato da tutti i regolamenti in ambito agonistico). Per rinfrescarvi la memoria in materia di regole, vi consiglio di rileggervi il regolamento tecnico di gara della IPF che potete trovare all’indirizzo internet [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link]


Consigli generali
Indipendentemente dalla tecnica che avete deciso di utilizzare, vediamo ora alcuni accorgimenti validi a prescindere dal tipo d'esecuzione.


Impugnatura e ampiezza della presa

Per quanto concerne l’ampiezza della presa, una regola generale è quella di impugnare il bilanciere in maniera tale che i polsi siano in linea con i gomiti (sia visti di lato che frontalmente) una volta che il bilanciere si trovi poggiato sul petto: questo alla maggior parte delle persone che non usano la maglia da panca garantisce un maggior “vantaggio meccanico”. Infatti, laddove una presa troppo stretta graverebbe eccessivamente sul tricipite, con una troppo larga (avambraccia non perpendicolari al bilanciere, angoloazione ottusa tra braccio ed avambraccio) buona parte dello sforzo si disperderebbe nella componente statica diretta orizzontalmente nel senso del bilanciere.
Ricordate comunque che in una gara IPF l’ampiezza massima consentita è di 81 cm tra gli indici.
Ultime note sulla presa: sforzatevi di non piegare troppo i polsi stile “Valentino Rossi che da gas alla moto”; il bilanciere deve essere tenuto nella parte bassa del palmo della mano. Questo conferirá maggiore stabilitá oltre a migliorare notevolemente la spinta (McLoughlin 1984). Non usate MAI una falsa presa (o "presa senza pollice”) pena una possibile decapitazione nel caso in cui il bilanciere vi scivoli dalle mani e, cosa molto importante, non limitatevi a sorreggere il bilanciere per effetto “gravitazionale”: cercate di stringerlo con tutta la forza possibile, come se stesse cercando di frantumarlo. Questo, oltre a garantire una presa salda e sicura, permette una maggiore attivazione del tricipite, il che avrá un effetto sicuramente positivo in fase di chiusura.

Respirazione

Analizziamo ora la respirazione, che troppo spesso é lasciata al caso. Il consiglio dato come regola generale dai “guru” delle palestre è di inspirare durante la fase negativa (nei movimenti di spinta) ed espirare con forza durante la fase positiva del movimento. Questo puó essere ammesso in una certa misura durante l’esecuzione di serie con molte ripetizioni, sebbene è da sconsigliarsi assolutamente durante il tentativo di alzate massimali o submassimali. Massimali e basse ripetizioni dovrebbero essere eseguite inspirando l’aria prima di iniziare il movimento ed espirandola solamente una volta completata l’alzata. Questa “apnea”, conosciuta come manovra di Valsalva, permette di creare una notevole pressione intraddominale che rende piú stabile il tratto lombare del rachide limitando quindi il rischio d'infortuni (da sconsigliare tuttavia a coloro che soffrono di disturbi cardiaci o ipertensione). Se quest'esecuzione in apnea risulta utile negli esercizi come squat, stacchi, military press ecc., ci sará di prezioso aiuto anche nella panca nel momento in cui andremo ad inarcare la schiena.


Inarcamento

A proposito dell’arco che molti panchisti effettuano per ridurre il range di movimento, vorrei ricordare ai “non addetti ai lavori”, che considerano tale pratica pericolosa, che in realtà i rischi per la colonna vertebrale possono essere ridotti/eliminati fintanto che:

1 – il processo di “costruzione dell’arco” sia graduale nel tempo e si eseguano costantemente esercizi di stretching specifici per la bassa schiena, flessori dell’anca, quadricipiti e caviglie;
2 – la bassa schiena e la regione addominale (retto dell’addome ed obliqui), siano allenati efficacemente, in maniera da sopportare tranquillamente le tensioni cui la sezione lombare del rachide è sottoposta durante l’inarcamento;
3 – si eviti di tentare di inarcare la schiena facendo forza con la nuca sulla panca, in quanto potrebbe essere facile incorrere in un infortunio delle vertebre cervicali.
Al fine di aumentare la flessibilità della bassa schiena, oltre allo stretching, potrebbe tornare utile l’utilizzo di un tubo (di pvc o altro materiale), del diametro di circa 15 cm, da poggiare sulla panca e su cui stendersi facendolo scorrere sulla bassa schiena: lo scopo è sciogliere i muscoli lombari e favorire cosí un maggior inarcamento nel corso del tempo. Ne sconsiglio l’utilizzo durante l’esecuzione dell’esercizio con i carichi d’allenamento, l’unica eccezione ammessa è di utilizzare il tubo durante il riscaldamento con il bilanciere scarico e durante i recuperi tra una serie e l’altra.
Altro consiglio, (o meglio un “trucco”) è di calzare scarpe con tacco poco piú alto del normale (tipo le scarpe da sollevamento pesi olimpico) che permettono un arco maggiore e piú semplice da mantenere.

Attrezzatura supportiva

Il panchista “raw” differisce dal panchista “geared” in quanto non utilizza la maglia da panca, o benchshirt, ossia un abbigliamento supportivo, che oltre a preservare le spalle da possibili infortuni, permette, in relazione all’abilitá del panchista di farne un uso ottimale, di aumentare anche di parecchi chili il carico sollevato. Tuttavia non è scopo di questo articolo trattare l’uso di tale attrezzatura. Viene consigliato, invece, l’uso di una cintura da sollevamento durante i tentativi di massimale o le basse ripetizioni, in quanto permette, mediante la spinta degli addominali contro la sua superficie, di creare una pressione intraddominale (spiegata precedentemente) maggiore con conseguente miglior stabilizzazione del rachide lombare e minor possibilitá di infortuni. È questo, infatti, il modo in cui la cintura agisce proteggendo e supportando la schiena e non, come alcuni credono, per l’azione meccanica “di contenimento” che svolge attorno alla vita: uno studio di McGill, Normal e Sharrat dimostró come la pressione intraddominale (IAP) aumentasse, grazie all’uso della cintura durante il sollevamento di carichi di 70-90Kg. Inoltre, l’aumento della pressione intraddominale risultava maggiore quando il fiato era trattenuto (manovra di Valsalva) che non quando veniva esalato durante il movimento. Da notare tuttavia come la pressione intraaddominale risultasse maggiore, qualora i soggetti utilizzassero la cintura, sia durante l’esercizio eseguito trattenendo il respiro sia quando fosse esalata l’aria, rispetto a quando la cintura non era utilizzata. Ancora, fu notato come l’attivitá degli erettori spinali diminuisse durante la manovra di Valsalva, suggerendo cosí una riduzione del carico sulla colonna vertebrale, sebbene tale riduzione non aumentasse grazie all’uso della cintura.
Un altro studio di Myamoto (Myamoto et al) dimostró che durante contrazioni isometriche massimali eseguite con l’utilizzo della cintura e mediante la manovra di Valsalva, aumentasse l’attivitá elettrica del retto addominale ed aumentasse la pressione intramuscolare degli erettori spinali.
Vediamo quindi che l’utilizzo di una cintura da sollevamento puó risultare molto utile in determinate situazioni, come il sollevamento di carichi massimali, a patto che sia usata nella maniera corretta.
É bene precisare che una cintura seria da sollevamento ha un’altezza (10 cm è la misura massima consentita dal regolamento internazionale IPF) uniforme sia posteriormente sia frontalmente: le tipiche cinture da bodybuilding, piú larghe nella zona lombare e strette in quella addominale, non serviranno allo scopo.
Si tenga ben a mente che l’utilizzo della cintura è consigliato esclusivamente nei tentativi di massimale o durante l’uso di pesi submassimali (nell’ordine dell’85-95%), giacché risulterebbe d’intralcio alla respirazione durante le serie ad elevato numero di ripetizioni, oltre a non apportare alcun beneficio in termini di stabilizzazione del rachide. Sottoliniamo ancora che la cintura andrebbe utilizzata solo nei movimenti di gara (squat-panca-stacco) e loro varianti: quando eseguite i curl di concentrazione o il pushdown ai cavi, potete fare anche a meno di indossarla…

Un paio di fasce poi, potranno essere utilizzate, quando necessario, onde evitare un eccessivo piegamento dei polsi che altrimenti si troverebbero in una posizione svantaggiosa ai fini del sollevamento (vedi “impugnatura e ampiezza della presa”).
Infine, sebbene non rientri nell’attrezzatura di supporto, l’utilizzo di gesso, o polvere di magnesio, è sempre una buona idea: eviterá scivolamenti inattesi delle mani sul bilanciere, il che, nel momento in cui ci si trova sotto ad un carico massimale, puó far la differenza tra l’uscire dalla palestra con mezzi propri o accompagnati dai medici del 118…


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The Stickin’ Point: Seek & Destroy, Vol.1

di Francesco Borelli (Ardus)[/b]
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Nel precedente articolo, dedicato alla panca “raw” competitiva, abbiamo esaminato set-up e tecnica d’esecuzione di quest’alzata molto amata dalla maggior parte dei praticanti, agonisti e non. Scopo di quest’articolo, sarà quello di identificare e correggere i più comuni punti di stallo (sticking points, SP) che possono presentarsi durante l’alzata.
“Una catena è tanto forte quanto lo è il suo anello piú debole”. Nulla di piú vero: é sufficiente infatti che un solo anello sia debole rispetto agli altri per limitare la forza complessiva dell’intera catena. Questo concetto è applicabile anche alla “catena cinetica” composta dalla muscolatura del corpo. Parafrasando Louie Simmons, se i vostri deltoidi e pettorali hanno la forza necessaria a sollevare 150 Kg, ma i vostri tricipiti, che rappresentano l’anello debole della catena, sono in grado di generare la forza necessaria per chiudere solamete 130 Kg, quale pensate sará il vostro massimale di panca? 130 Kg, ovviamente. E cosa accadrebbe se rinforzando i tricipiti riusciste a portarli al livello di forza dei pettorali e deltoidi? Facile, anche i chili sollevati aumenterebbero di pari passo!
Sembrerebbe quindi sufficiente aumentare la forza di un determinato gruppo muscolare carente per veder aumantare drammaticamente i propri record. Purtroppo peró, è piú facile a dirsi che a farsi. Anzitutto è bene chiarire che la componente muscolare è solamente uno dei vari fattori che intervengono nell’equazione. Altri aspetti, non meno importanti, devono essere tenuti in considerazione, tra cui la componente tecnica, che abbiamo giá discusso (ma che meriterebbe sicuramente ulteriori approfondimenti). Altro aspetto sono le varie “sfaccettature” della forza, come l’esplosivitá, la capacitá di accelerazione del carico, la forza iniziale, la forza reattiva e, naturalmente, quella massimale, ognuna delle quali rischia di essere un ostacolo se non appositamente curata ed allenata.
Un fattore, decisamente piú “passivo”, è la biomeccanica ed il sistema di leve di cui l’individuo dispone: passivo perché non è possibile intervenire in alcun modo (tralasciando quello chirurgico…) sulla lunghezza dei vostri arti, inserzioni muscolari, proporzione busto-gambe ecc. L’uinca cosa che è possibile fare è ottimizzare l’allenamento in maniera tale da limitare i “danni” che madre natura ha causato. Non ultima troviamo la componente mentale/psicologica, che puó rappresentare il piú grande ostacolo, se gli si permette di diventarlo.
Ma procediamo con ordine.


SP#1: il bilanciere non si “stacca” dal petto

Causa#1: Biomeccanica sfavorevole
Questo SP, colpisce solitamente quegli atleti che hanno le braccia relativamente corte. il perché è presto detto. Immaginate di lasciar cadere a terra due palloni da due diverse altezze: si noterebbe come quello lasciato cadere dall’altezza inferiore compirebbe un rimbalzo decisamente piú piccolo rispetto all’altro pallone a causa del minor “momentum” guadagnato durante la caduta. Lo stesso avviene durante la distesione su panca: minore la lunghezza degli arti, inferiore l’arco di movimento e la conseguente possibilitá di accumulare energia elastica durante la fase negativa da parte dei tendini di pettorali, deltoidi e tricipiti, cosa che si traduce in minor potenziale di forza che è possibile realizzare grazie al ciclo allungameto/accorciamento.
Data questa situazione, è probabile che questi atleti abbiano pettorali e spalle meno sviluppati rispetto alle braccia, che rappresentano il loro punto di forza .Se questi individui riescono a staccare il carico dal petto, quasi sicuramente riusciranno a completare l’alzata.



Lui potrebbe fare 400 kg raw, se solo riuscisse a staccare
il bilanciere dal petto!


Soluzione: Enfatizzare la parte iniziale dell’alzata.

I modi per potenziare la fase iniziale dell’alzata sono molteplici. Tra i piú importanti abbiamo sicuramente le distensioni con partenza da fermo al rack, o in alternativa è possibile eseguire il fermo al petto. È stato osservato che l’effetto “molla” dato dal riflesso miotatico si esaurisce, nell’esercizio di distensione su panca, in circa quattro secondi. Sarebbe opportuno, quindi, che il fermo avesse una durata simile, anche se con 2 secondi è possibile epserire buoni risultati altrettanto buoni.
Altri esercizi utili allo scopo sono le distensioni con manubri, distensioni con bilancieri angolati, che permettono una maggiore escursione di movimento, ponendo maggior enfasi su pettorali e deltodi (come i manubri), movimenti parziali con partenza dal petto e arresto a metá alzata, contrazioni isometriche a livello del petto. Molto utili sono le distensioni su panca con impugnatura molto larga, chiamate anche “illegal wide bench press”, proprio perché tale ampiezza della presa non sarebbe regolamentare in una competizione di powerlifting. Sappiate comunque che un’ampiezza della presa molto larga aumeta il “momento”, calcolato come prodotto vettoriale della distanza orizzontale tra fulcro (spalla) e punto di applicazione della resistenza (mano) e il vettore della forza resistente (carico), relativo all’asse perpendicolare al piano sagittale. Maggior momento in questo caso significa maggior difficoltá d’esecuzione, a dispetto del fatto che l’arco di movimento risulti ridotto. Ecco perché, tra le altre cose, si dice che il maggior vantaggio meccanico lo si ottiene quando il polso è allineato con il gomito (e questo vale in particolar modo per un panchista “raw”): una presa troppo stretta pone il tricipite in una leva sfavorevole, mentre una presa troppo larga aumenta eccessivamente il momento e la componente statica della forza muscolare agente.

Causa#2: Mancanza di esplosivitá

Con il termine “esplosivitá” intendiamo la capacitá di attivare il maggior numero di fibre muscolari nel minor tempo possibile e di mantenerle attive. Possiamo anche dire che è la capacitá di esprimere alti indici di forza nel minor tempo possibile. Se questa qualitá dovesse venire meno, la vostra alzata ne risentirebbe sicuramente.

Soluzione: Inserire sessioni d’allenamento dinamiche

Secondo Zatsiorsky, esistono tre metodi fondamentali per raggiungere la massima tensione muscolare. Uno di questi è il metodo del “dynamic effort” o dei carichi dinamici che consiste nel sollevare dei carichi submassimali (dal 40 al 75% ca) nella maniera piú veloce ed esplosiva possibile. In questo modo è possibile aumentare il cosiddetto “RFD” (rate of force development), spostando la curva dello sviluppo della forza verso sinistra aumentandone il “picco”. Tradotto, equivale a sviluppare maggior forza e potenza all’inizio del movimento. È necessario peró prestare attenzione alle percentuali che dovranno essere utilizzate: per chi abbia il problema del bilanciere che si blocca al petto, è meglio che il carico utilizzato si attesti sul 70-75% del massimale e che si faccia un utilizzo limitato di sistemi per l’accomodazione della resistenza quali bande e catene che notoriamente sovraccaricano la seconda porzione del movimento, non permettendo di usare quindi un carico sufficientemente impegnativo alla partenza. Inevitabilemnte, l’utilizzo di tali percentuali renderá il movimento piú lento alla vista, tuttavia come dimostrato da Behm & Sales (’93) è l’intento e la forza profusa nel tentativo di muovere il bilanciere velocemente, più che la velocità oggettiva con cui si muove l’attrezzo a determinare gli incrementi di forza. Sforzatevi dunque di imprimere la maggior forza possibile ad ogni ripetizione che eseguite e trattate ogni peso submassimale come se tentaste di sollevare il vostro 1RM.

Causa#3: Set-Up scorretto

Avendo dedicato un intero articolo a questo argomento non mi ripeteró ulteriormente. È bene comunque far presente che spesso e volentieri un set-up scorretto o la perdita del set-up durante l’esecuzione di un massimale è una delle maggiori cause di fallimento e di infortunio. Insisto quindi particolarmente su questo punto: affinate il vostro set-up e la vostra tecnica di esecuzione, non consideratevi “arrivati” sotto questo punto di vista: non lo siete! Non lo sono nemmeno i piú grandi panchisti!
La tecnica puó sempre essere migliorata. Una mossa astuta è quella di farsi filmare durante le vostre alzate, sia con carichi submassimali che massimali. Rimarreste stupiti infatti dalle differenze esecutive che potrebbero presentarsi dall’una all’altra alzata: è facile (o quasi) avere una buona tecnica d’esecuzione con il bilanciere scarico, tutt’altra cosa è mantenere una tecnica e set-up impeccabili durante un tentativo di massimale!


Se il vostro set-up è come quello di Ronald McDonald, probabilmente non
solleverete molto più di lui...

Causa#4: Il peso è eccessivo

Soluzione: imparate a tenere a bada il vostro ego ed abbassate il peso!


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Traduzione di Kaamos



Dave Tate esprime una considerazione innegabilmente vera

Il segno distintivo di forza, perlomeno negli U.S, è la panca piana. Ma secondo Tate ci sono ottime probabilità che tu la stia eseguendo veramente male.

"Il 90% dei problemi riguardanti la panca piana non ha assolutamente niente a che vedere con la debolezza muscolare", mi spiega Dave, "E' tutta una questione di tecnica. Insegna ad un ragazzo ad impostare correttamente l'alzata e diventerà più forte all'istante"

Secondo Tate, se vuoi spingere pesi importanti e superare ogni sticking point c'è una posizione che devi assolutamente rispettare ogni volta che esegui la panca piana. La chiave è "durezza" e senza questa posizione stabile la tecnica è destinata a deteriorarsi.

Tate chiama tutto ciò la posizione "dura e raccolta", "raccolta" si riferisce al fatto che i piedi sono posizionati sotto il corpo, invece che all'infuori in avanti e ai lati, e questo è studiato per permettere tre cose:

1. Provvedere a creare una base stabile come una roccia.
2. Massimizzare il vantaggio meccanico delle leve del corpo.
3. Minimizzare la distanza che il bilanciere percorre.



PART.1: IL SETUP

Tate descrive sette step distinti per ottenere la posizione "dura e raccolta":

Step 1: Porta i piedi sotto di te.

"La panca piana è un'esercizio in cui interviene tutto il corpo", spiega Tate. "Se lasci penzolare le gambe all'infuori e ti stendi semplicemente sulla panca, stai limitando notevolemente la quantità di peso che puoi spingere"


Step 2: Petto in fuori
"Immagina di avere un filo che parte dal soffito e si attacca allo sterno", dice Tate. "Devi impostare il petto e tenerlo alto. Se si riabbassa in qualunque momento dell'alzata sei nei guai."


Step 3: Affonda i talloni nel pavimento mentre spingi i trapezi contro lo schienale.

Una volta che i piedi sono i posizione raccolta sotto il corpo ed il petto è in fuori, avvicina le spalle verso i piedi mentre stringi le scapole e contrai dorsali e trapezi affondando i talloni nel pavimento.


Step 4: Stringi il bilanciere forte.

"Strizzalo con tutte le tue forze", dice Tate. Questo attiverà i muscoli delle mani, avambracci e tricipiti, e rinforzerà la durezza dalle gambe al busto fino al bilanciere.

A questo punto Tate controllerà brevemente chiunque stia allenando. "Aspetto fino a quando il ragazzo è sulla panca con le mani sul bilanciere, poi avvicinandomi uso il ginocchio per spingere contro il suo ginocchio o il busto", spiega Tate. "Voglio vedere se si muove in qualche direzione. Se lo sposto allora non è pronto per l'alzata. Devi diventare un tutt'uno con la panca se vuoi spingere pesi importanti."


Step 5: Tira il bilanciere, non alzarlo, fuori dai ganci.

Secondo Tate uno degli errori più grandi che puoi commettere è provare ad alzare, spingendo in alto, il bilanciere fuori dai sostegni prima di iniziare l'esercizio. "Facendo così le scapole ruotano in fuori e si allontanano perdendo tutta la durezza. Una volta che hai staccato il bilanciere non c'è nessun modo per rimetterle di nuovo nella giusta posizione".

La soluzione è di avere uno spotter che ti aiuti a staccare il bilanciere dai sostegni. Fai rotolare il bilanciere in avanti, prendi un respiro profondo, contrai il muscoli del dorso, e tira.

Ora che il bilanciere è uscito sei pronto a spingere vero? non ancora.


Step 6: Fermati nella posizione di lockout per comprimere i trapezi.

"Quando qualcuno stacca il bilanciere e comincia subito la discesa mi chiedo cosa diavolo stia pensando", dice Tate. "E' come cercare una caduta libera."

Il consiglio è questo invece:

"Mentre stai trattendendo il bilanciere, conta milleuno, milledue. E non fare idiozie"

Aspettare alcuni secondi comprimerà gomiti e trapezi e ti spingerà ancora più a fondo nella panca. Tutta questa pressione aumenterà la durezza del corpo".


Step 7: Assicurati che ogni cosa sia in linea.

"Quando il bilanciere è in linea con i polsi e con gli avambracci ottieni ciò che i powerlifters chiamano "straight line", ovvero la linea corretta e diritta", prosegue Tate. E come sappiamo la distanza più corta e ottimale per muovere un peso consistente è lungo una linea dritta.

Tenere il bilanciere in linea con i polsi e gli avambracci ti risparmierà stress ai polsi.


Complimenti, sei ufficialmente nella posizione "dura e raccolta", ciò significa che sei pronto a muovere un carico serio.



PART.2: LA DISCESA

Tate descrive quattro passi per abbassare il bilanciere correttamente:

Step 1: Piega i gomiti per iniziare la discesa

Step 2: Raccogli i gomiti vicino al corpo mentre il bilanciere si avvicina al petto.

"Se posizioni i gomiti completamente ruotati all'esterno, stile bodybuilding, ti farai del male alle spalle prima o poi," avverte Tate. Mantenere invece i gomiti vicino al corpo fa intervenire anche i tricipiti per sostenere una buona quantità di carico.


Step 3: Contrai il dorso mentre il bilanciere viaggia verso il petto.

Contrarre il dorso e mantenere il petto alto metterà automaticamente i gomiti nella posizione ideale per spingere grossi pesi. Chiedi ad un amico di guardarti di lato mentre abbassi il bilanciere. Se i gomiti si abbassano più dello schienale della panca stai mettendo troppo stress sulle articolazioni, nonché diminuendo notevolmente la potenza e la velocità della risalita. Assicurati che i gomiti siano alla stessa altezza dello schienale.


Step 4: Tocca lo stesso punto sul petto ogni volta.

"Alzati in piedi con le braccia distese lungo i fianchi, dove si trovano i gomiti è più o meno il punto dove il bilanciere deve battere," continua Tate. Per la maggior parte dei ragazzi sarà la porzione superiore degli addominali o la porzione inferiore del petto. "Se non batti ogni volta nel medesimo punto sprecherai tante energie e perderai il groove".



PART.3: LA RISALITA

Solo due step da ricordare qui:

Step 1: Immagina di spingerti lontano dal bilanciere e sprofondare nella panca.

Questo ti faciliterà la sensazione di affondare trapezi e dorso nello schienale provvedendo a creare una base solidissima dalla quale spingere.


Step 2: Allarga i gomiti all'infuori e disegna un leggero arco all'indietro verso la testa con il bilanciere.

Nonostante spingere il bilanciere in linea retta sia la distanza più corta, e questo è quanto Tate era solito suggerire, ora egli crede che ciò possa mettere eccessivo stress sulle spalle. Quindi raccomanda di spingere il bilanciere all'indietro verso i sostegni.

"A prescindere dal modo in cui spingi il bilanciere in alto, ricordati una regola: i gomiti devono stare in linea con il bilanciere. Se i gomiti puntano ai piedi significa che stai quasi in una posizione da estensione-tricipiti. E se sono troppo vicini alla testa ti ritroverai in una posizione stile alzate frontali"

Nessuna delle due porta a bloccare pesi consistenti a fine alzata.

Mentre vai verso il lock-out continua ad allargare i gomiti, cerca costantemente la posizione ideale del bilanciere, "Per la maggior parte dei ragazzi sarà proprio all'altezza degli occhi". Afferma Tate.

Se hai concluso con successo l'alzata fino al lock-out, complimenti, sei pronto ad appoggiare il bilanciere sui sostegni. Se devi eseguire altre ripetizioni ricorda, "Ogni singola ripetizione deve essere uguale e perfetta. Forma, velocità, ogni cosa."



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MessaggioTitolo: Re: tecnica della panca   tecnica della panca EmptyLun Giu 27, 2011 11:42 am

In prosecuzione ed a compendio di quanto scritto in passato nel “The bench is…THE BENCH” sopra riportato e di cui quanto segue può essere considerata una seconda parte ad integrazione, ho ritenuto utile approfondire la disamina della distensione su panca orizzontale operando un distinguo ed affrontando il tema dell’esercizio standard svolto in modalità raw, cioè senza l’attrezzatura di supporto prevista dai più importanti regolamenti internazionali di powerlifting.



The RAW BENCH PRESS
Analisi e riflessioni in ordine alla biomeccanica dell’alzata eseguita unequipped.



Il grande pettorale notoriamente adduce, intraruota ed antepone il braccio ed è proprio in questo range di movimento complesso a cui è deputato che dobbiamo analizzare le fasi di allungamento e successiva contrazione del muscolo nell’esercizio della bench press effettuata senza l’ausilio della T-shirt bench, ossia l’apposita maglia di sostegno.
Si è già detto – nel saggio sopra menzionato - che se ci ponessimo dinanzi ad uno specchio con i gomiti sulla linea delle spalle e provassimo a contrarre i muscoli del petto non riscontreremmo alcun effetto apprezzabile; ma se, immediatamente dopo, proviamo ad abbassare i gomiti adducendo le braccia verso il busto con un angolo approssimativo di 45°, più o meno appunto nella posa del "most muscolar", raggiungiamo la contrazione ottimale del gran pettorale.
Ciò dimostra che per avere i maggiori risultati pratici nella fase concentrica occorre prima allungare completamente il muscolo; eppure in un movimento complesso - come quello rappresentato da un esercizio, tanto più se multiarticolare - tale allungamento deve verificarsi con una traiettoria ed angolo di leve speculari a quello con cui si vuol poi ottenere la massima contrazione successiva.
In altre parole, se prendiamo in considerazione la funzione del pettorale che consente di addurre le braccia al busto, si otterrà la massima contrazione nella fase concentrica dell'esecuzione di tale movimento e si dovrà quindi averlo prestirato anche con analoga e corrispettiva traiettoria in fase eccentrica.
L'idea pertanto che si possa ottenere un allungamento efficace del gran pettorale a gomiti larghi, qualunque siano la posizione occupata dal corpo nello spazio ed il movimento successivo da compiere, non potrebbe esser confortata da un esame elettromiografico ma rappresenterebbe solo una sensazione derivata dall'allungamento completo di altri fasci muscolari inerenti ai distretti del cingolo scapolo omerale, al capo lungo del bicipite, al sottoscapolare ed alla porzione sub clavicolare del pettorale.
Con una tesi un po’ datata, Vince Gironda sosteneva che l’allungamento più proficuo del muscolo gran pettorale, nella fase eccentrica della distensione su panca orizzontale, si otteneva se la discesa del bilanciere avveniva verso il collo, con i gomiti in linea con le spalle e gli avambracci perpendicolari al suolo, a formare un angolo retto con il braccio rispettivo.
In realtà, aldilà dell’epoca in cui il celebre BB si esprimeva fondandosi su ragioni obiettivamente molto empiriche, detto concetto aveva una sia pur parziale ragione d’essere, perché riferito appunto all’apporto fisiologico non solo del muscolo grande pettorale ma di una intera catena cinetica sul piano della costruzione plastica; il che poteva quindi giustificare il postulato in chiave prettamente culturistica dell’esercizio però non incentrando certo l’attenzione su fini squisitamente prestativi.


Premettiamo intanto che l'adduzione sul piano spaziale nell’esercizio di bench press avviene per effetto della contrazione dei muscoli che scavalcano l'articolazione scapolo omerale in basso, inserendosi anteriormente o posteriormente sul braccio e sul torace.
Esaminando solo i muscoli che si inseriscono anteriormente, essi sono appunto:
- il grande pettorale, dai 2/3 mediali della clavicola (parte clavicolare), faccia anteriore dello sterno (parte sterno costale), guaina del retto e dell'obliquo esterno (parte addominale) fino al labbro laterale del solco bicipitale dell'omero;
- il coracobrachiale, che non ci interessa particolarmente in questa trattazione.
Per cui, sotto qualunque aspetto si voglia esaminare la questione, per ottenere la massima efficienza del muscolo grande pettorale, in armonia con la sua naturale fisiologia di lavoro muscolare e con la meccanica più favorevole all’alzata in questione, dobbiamo allungarlo in fase eccentrica e, di conseguenza, contrarlo in fase concentrica adducendo le braccia al busto.
Se si vuole perseguire un diverso risultato con il sinergico intervento di altri gruppi muscolari (comunque più piccoli e di minor potenza propulsiva), allora il discorso esula dal semplice intervento del grande pettorale ma resta pur sempre legato alle funzioni dell'intera catena cinetica nell'espletamento di quella alzata.
In un protocollo PL, a differenza di quello BB, avremo senza dubbio differenze esecutive nell'esercizio specifico della distensione su panca (fermo al petto, arco lombare, eventuale curva "j") che non attengono all'allenamento del non agonista.
Tuttavia questo non inficia la corretta biomeccanica dell'intervento del grande pettorale che, con la ricordata adduzione delle braccia, consente non solo una maggiore spinta (e quindi lavoro) del pettorale stesso ma anche una più favorevole traiettoria del carico (dallo sterno alla perpendicolare sugli occhi) ed un minore stress sulle spalle - e in particolare sulla cuffia dei rotatori – notoriamente causa di infiammazioni tendinee ed altri infortuni cronici.


Ora, è altrettanto conosciuta la regola che recita come a 90 gradi di abduzione tutti i fasci del gran pettorale siano in posizione di massimo allungamento simultaneo; in effetti questo risulta dai più diffusi testi di chinesiologia, tra cui – ad esempio - quello di Andrea Umili, "Chinesiologia applicata a fitness e bodybuilding" e successive versioni ed edizioni.
Il problema, in questi casi, nasce purtroppo dalle difficoltà di eseguire dimostrazioni pratiche e dal rischio di fraintenderci a livello teorico, soprattutto sul piano virtuale.
Molto spesso tra 5 e 10 gradi di differenza di ROM cambia relativamente poco a livello muscolare ma molto come tensione miofasciale. In realtà, nessuno ottiene il vero allungamento della componente muscolare, poiché la tensione che si "sente" è data dal complesso tendine/miofascia e chi solleva pesi con una certa frequenza, soprattutto chi lavora molto i pettorali, ha una miofascia fibrotica e poco "elastica" che riduce ancor di più la performance del muscolo.
Se si parla di allungamento a 90° in abduzione, si descrive una situazione generale e statica corretta in dottrina. Il punto però sta nel considerare che il gran pettorale distende o estende l'avambraccio sul braccio (ed in questo svolge una funzione dove è preponderatamente aiutato dal tricipite oltre che dal deltoide anteriore), antepone ed adduce .
Il fulcro del discorso è capire come possiamo passare da quei 90° di abduzione, a cui si fa riferimento proprio nel testo menzionato, al momento di massima contrazione in adduzione, considerando che un corpo cambiando posizione nello spazio (verticale, orizzontale, inclinata) attiva diversamente gli angoli di leva (sostanzialmente mutandoli), pur nel rispetto della fisiologia muscolare del lavoro per il quale è predisposto. Di modo che - con esempio puramente didattico - una leva di primo genere, che è essenzialmente in equilibrio, può tuttavia trasformarsi poi in vantaggiosa o svantaggiosa.


Poniamo di trovarci in piedi (o seduti) con i gomiti in linea con le spalle ed i polsi in linea orizzontale con i gomiti, impugnando il manubrio a corna di bufalo di una macchina che simuli il movimento di adduzione frontale ai cavi alti ma da posizione seduta (tipo la dorsypec o chiamatela pure come vi pare); iniziamo quindi ad addurre le braccia verso il busto, vincendo la resistenza impostaci dal carico selezionato sulla macchina.
Cosa abbiamo fatto? Siamo passati dalla posizione sopra accennata di abduzione a 90° a quella di adduzione anche oltre i 45°, grazie alla potente contrazione del gran pettorale (certo non esclusivamente ma in ogni caso non ci stiamo occupando in questa sede di altre sinergie ).
Nella fattispecie - che poi costituisce un esempio generico equivalente a quello apportato dall'ex Presidente FIPCF Umili nel testo - quella posizione di abduzione delle braccia a 90° rappresenta effettivamente il completo allungamento del gran pettorale in relazione alla successiva fase concentrica.
Parrebbe però inutile sottolineare che, nel frangente appena descritto, non stiamo sdraiati su di una panca...e la biomeccanica e la chinesiologia, appunto perchè riguardano la "meccanica della vita" ed il movimento dei corpi, cambiano l'interessamento delle leve articolari a seconda di come si posizionano i corpi nello spazio, nel rispetto della fisiologia del "lavoro" (forza x spostamento) muscolare.


Adesso facciamo invece un altro esperimento: distendiamoci supini su panca con le braccia in alto e proviamo a scendere con i gomiti verso il pavimento fino a raggiungere la posizione di angolo retto dell'avambraccio con il braccio (o anche più sotto se preferite), portando i gomiti in linea quindi con le spalle. Proviamo con una mano a toccare il fascio del gran pettorale dell'altro lato: sembra forse iperesteso? A me sinceramente no, mentre lo è la porzione sub clavicolare, i fasci della zona anteriore del trapezio, del deltoide e il capo lungo del bicipite.
E non potrebbe essere altrimenti, per il semplice motivo che l'articolazione della spalla ha - in quella posizione e con l'eventuale bilanciere alto sul petto - impedito ai gomiti di scendere oltre un certo grado e quindi al gran pettorale (perchè solo di quello stiamo ora parlando e non di tutti i muscoli della zona del petto nella sua globalità) di stirarsi completamente.
Ciò renderà poi parzialmente inefficace la successiva conseguente contrazione.
Proviamo invece a scendere con i gomiti in adduzione verso il busto e la linea delle mani tendente alla parte bassa del petto nella zona sternale: tocchiamoci il gran pettorale e ne apprezzeremo un grado di allungamento decisamente maggiore, poiché maggiore sarà stato il livello di abbassamento dei gomiti.
Questo è a mio avviso il discorso: lo stiramento ottimale è quello che si verifica nella massima posizione eccentrica rispetto al lavoro concentrico che ci si è prefissi e si deve eseguire: se il lavoro prevede la contemporanea azione di distensione, adduzione ed anteposizione da parte del gran pettorale, noi dovremo allungarlo in relazione alle successive fasi e traiettorie di lavoro.
Ne consegue che il bilanciere dovrebbe scendere obliquamente verso lo sterno dalla posizione perpendicolare sugli occhi, per poter poi risalire concentricamente sul percorso inverso.
Quanto detto indipendentemente dal fatto che lo scopo sia alzare il carico o costruire il muscolo. Cambieranno tutti gli altri ingredienti: il BB non farà il fermo al petto, non effettuerà l'arco lombare, si disinteresserà di una traiettoria curvilinea a J, farà molte meno serie e meno sedute di panca orizzontale, privilegiando manubri e macchine e - quando la effettuerà - utilizzerà diversi programmi, metodi e protocolli..... ma questa - come diceva Conan - "è un'altra storia".


Spesso capita di vedere in palestra ragazzi portare il bilanciere verso il collo e rimanerci ...incollati.
Accade perchè tentano di fare la panca quasi unicamente con l’intervento delle spalle! Non attivano i potenti fasci del gran pettorale, non hanno sufficiente range di movimento, da quella posizione, per poter imprimere la traiettoria ottimale atta a vincere la resistenza del carico ed inoltre, nel giro di pochi anni, potrebbero purtroppo soffrire di problemi classici al sovraspinoso o ad altro epicentro della cuffia e di infiammazioni ripetute al tendine del capo lungo del bicipite.
Se anche riescono accidentalmente nell'impresa, vuol semplicemente dire che avrebbero potenzialmente un margine di parecchi chili utilizzando muscoli e tecnica appropriati.
Mi aspetto l'obiezione: ma tanto al bodybuilder il carico interessa relativamente. Perchè, mi chiedo, rimanere con il bilanciere a 2 cm. dalla gola costruisce forse il pettorale?


Mi preme, inoltre, precisare due punti in merito all'originaria trattazione sulla panca orizzontale, che hanno forse lasciato adito a qualche dubbio, nonostante siano stati spesso vagliati, discussi e precisati.
a) non si interpreti erroneamente il discorso della spinta indietro confondendolo con la tesi che tale azione attivi maggiormente il pettorale; piuttosto è da intendersi che "lo spostamento in alto e indietro del bilanciere risponde alla necessità di sfruttare al meglio le sinergie della catena cinetica interessata al movimento", ovvero e sostanzialmente petto, deltoidi e tricipiti.
Quando parlo dell'attivazione più funzionale del pettorale mi riferisco alla fase eccentrica, cioè alla discesa in adduzione delle braccia che consente la migliore attivazione della capacità contrattile dei fasci del pettorale allorché poi, nella fase di risalita, gli stessi dovranno supportare con forza propulsiva la distensione/estensione dell'avambraccio sul braccio.
Giunti quindi a questo momento dell'alzata, cioè nella fase concentrica, lo spostamento verticale e retroposto delle braccia obbedisce alla biomeccanica più favorevole per il buon fine dell'esercizio, non del solo pettorale ma di tutta la catena cinetica, ossia della sinergia dei gruppi muscolari deputati all'effettuazione dell'alzata.
b) la spinta verso l'alto e indietro (movimento verticale e orizzontale) non è necessariamente curvilinea (ossia la cosiddetta “J” o “J rovesciata”), per cui non contrasta con la traiettoria lineare.
Una curva è ad arco concavo o convesso a seconda che, dal lato da cui la si esamina, sia rivolta verso l'interno o verso l'esterno. Invece, una traiettoria lineare verticale può essere perpendicolare rispetto al suo punto di partenza oppure obliqua senza per questo assumere le sembianze della curva.
Se mi si passa un esempio un po' strambo: la Torre di Pisa è obliqua ma non curva; chi si dovesse sdraiare in piazza dei Miracoli con lo sguardo rivolto in alto, verso la pendenza della Torre, la vedrà inclinata indietro, anziché perpendicolare al suolo, ma non curvilinea. E tutti conosciamo i principi generali di fisica e specifici di meccanica per i quali la celebre torre non sia crollata al suolo, nei secoli addietro, ricadendo la perpendicolare tracciabile dal vertice all’interno della superficie di base.
Bene, gli identici principi di equilibrio e stabilità possono, molto più in piccolo e più modestamente, regolare la nostra alzata su panca consentendoci un iter proficuo e vantaggioso.
Tornando proprio alla nostra "panca", la spinta distensiva verso l'alto può andare all'indietro sia seguendo una linea obliqua, sia tracciando una curva (in questo caso a seconda della tecnica prescelta) ma è decisamente improbabile che possa essere perfettamente perpendicolare.
Se noi dovessimo eseguire un movimento di adduzione - ho fatto in precedenza l'esempio dell'esercizio alla dorsypec - riusciremmo sicuramente a colpire maggiormente il pettorale, in quanto lo isoleremmo dal tricipite; in questo caso, per potere esprimere appieno la propria forza nell'esercizio in parola, il gran pettorale estremizzerebbe nella fase eccentrica un'abduzione per poter poi ottimizzare l'adduzione.
Per un BB trattasi di un esercizio finalizzato al petto probabilmente più indicato della stessa distensione su panca, come del resto lo sarebbe quest'ultima se effettuata con i manubri e, magari, sul piano inclinato.
Ma, ahinoi, stiamo parlando di bench press......e quindi tutto ciò non ci interessa: la scelta ultima del workout e dei suoi contenuti si presuppone essere già stata fatta a monte per motivi che, in questa sede, non dobbiamo riesaminare.
Nell'esercizio di bench press la fase concentrica è appunto una distensione: nella fattispecie l'adduzione delle braccia durante l'azione "positiva" non avviene, poiché certo non possiamo scendere a gomiti larghi per poi farci scivolare il bilanciere in avanti sul petto in modo da consentirci una fase concentrica di adduzione/distensione ( a quel punto questo ibrido di "Arnold press" orizzontale la potremmo eseguire con i manubri, non certo nella bench press con bilanciere).
Allora, noi sappiamo e ripetiamo che il gran pettorale adduce, antepone, intraruota le braccia e coadiuva nella distensione dell'avambraccio sul braccio. Come facciamo a metterlo nelle condizioni ideali per sfruttare appieno la sua capacità di spinta nella fase concentrica dell’esercizio di bench press raw e, dunque, sprovvisti dell’equipaggiamento di sostegno ”ad hoc”?
Scendendo (eccentricamente) a gomiti parzialmente chiusi, lo avremo posto nelle condizioni funzionalmente più vantaggiose cioè in adduzione, anteposizione ed intrarotazione, per poter poi proficuamente svolgere la funzione di distensione in quella fase di risalita durante la quale le tre funzioni precedentemente citate non avrebbero più potuto altrimenti essere attivate.
Inoltre: scendendo in adduzione di braccia, permetteremo un arco di movimento più ampio in fase di risalita (attenzione l'arco di movimento del cingolo scapolo omerale non ha niente a che vedere con la traiettoria curvilinea o meno del bilanciere), consentendo quella escursione verso l'alto e indietro che, con il bilanciere attaccato alla clavicola, si esaurirebbe desolatamente dopo pochi centimetri di alzata.
In aggiunta: così facendo il carico si sposterà verso l'alto senza poi gravare a piombo sulla cuffia dei rotatori, con minor incidenza sulla stessa e ridotto rischio di tendiniti e infortuni cronici, di cui sono spesso vittime coloro che si ostinano e pretendono di sollevare il peso solo col deltoide anteriore e... il sovraspinoso.
Che poi questo spostamento in alto e retroposto si realizzi con l’una o l’altre tecnica esecutiva, questo si che è un discorso a parte.


Molti tecnici di atleti equipped sostengono che la distensione debba seguire il più possibile una traiettoria verticale, privilegiando la via più breve (quella retta), enfatizzando il lavoro in chiusura dei tricipiti, i notevoli archi lombari in uso ad alti livelli e, soprattutto, assecondando e sfruttando il grande sostegno dell'attrezzatura di supporto che - contenitiva e protettiva, pur se adatta ad atleti di elite - favorisce in tal senso un'alzata esplosiva e lineare.
Possiamo dichiararci, in buona sostanza, d’accordo con tale impostazione.
Ciononostante, nello specifico di questo saggio, stiamo parlando di panca raw; nel merito, Arthur Jones, il popolare inventore delle macchine Nautilus, autentico genio di biomeccanica applicata, scriveva 40 e 50 anni fa, quando le "maglie" non esistevano, gli atleti si allenavano e gareggiavano in contesti ben diversi e, pertanto, sembrava meno invasivo e più utilitaristico accompagnare il movimento ascensionale all'indietro con una più o meno accentuata (a seconda dei casi) "curva J", che implicava un coinvolgimento meno marcato dei soliti punti dolenti del cingolo scapolo omerale ed un superamento di alcuni fisiologici ”punti morti”.
Dopotutto, Hepburn ed Effelmann alzavano già allora ben oltre 200 kg. non equipaggiati.


Tuttavia, aldilà delle preferenze e differenze di scuola, come potrebbe una massima alzata raw essere del tutto rettilinea e perpendicolare?
Infatti, una spinta che mirasse a completare l'escursione con il bilanciere in posizione perfettamente perpendicolare sullo sterno, senza ausilio dell’attrezzatura o, addirittura, utilizzando altre fantasiose modalità di traiettorie (delle quali talvolta si legge senza che poi, com’è ovvio, trovino riscontro e messa in opera nella realtà), allontanerebbe progressivamente le mani e quindi il carico in esse impugnato dall'epicentro base su cui, tramite le braccia, esso è sostenuto, ovvero dal cingolo scapolo omerale, con conseguente sbilanciamento in avanti del peso, mancato controllo e fallimento dell'alzata.
E’ chiaro che la dinamica di una bench press geared cambi parzialmente ed anche in modo significativo ma se questa fattispecie esula dalla presente trattazione ne consegue che le relative esigenze non vanno confuse con l’esecuzione dell’esercizio base di distensione su panca.
In generale, tra le varie tipologie del raw, possiamo affermare che cambia il grado di progressiva inclinazione verticale arretrata del movimento.
Nel caso della curva J, il bilanciere si sposterà da una posizione prossima alla zona sternale (diciamo sopra mammaria) alla perpendicolare sugli occhi o tra occhi e naso; nella traiettoria non curvilinea, il grado di inclinazione dell'alzata porterà il bilanciere dalla medesima posizione di fermo al petto fino ad una perpendicolare sulla parte bassa del volto.


In sintesi, possiamo ora riassumere così una distensione su panca raw:
1) il bilanciere, staccato dagli appoggi ed accompagnato eventualmente dallo spotter verso la verticale sul viso dell’atleta, scende da quella iniziale posizione di perpendicolare sul volto in direzione dei capezzoli, grazie all'adduzione delle braccia ed alla contemporanea contrazione statica di latissimus, scapole, lombari e glutei;
2) dopo il fermo al petto il bilanciere sale esplosivamente e verticalmente (verso l'alto, evitando lo scivolamento alla gola) in esito alla potente spinta propulsiva del pettorale, sinergicamente e massicciamente coadiuvatato dagli antagonisti (gran dorsale e bicipiti), in virtù del fatto che le braccia si trovano al di sotto della linea orizzontale con il busto;
3) terminata la spinta degli antagonisti, il pettorale affievolisce la sua azione, progressivamente sostituito dai deltoidi che spostano il peso indietro con una traiettoria lineare obliqua o curvilinea ma comunque imprimendo continui e minimi correttivi, al fine di mantenere i gomiti verticalmente sotto i polsi ed impedire lo slittamento in avanti, che costringerebbe i tricipiti ad un isolato movimento di “simil french press”, destinato al fallimento.
In questa fase, come già i dorsali avevano supportato i pettorali in precedenza, i deltoidi sono sostenuti in isometria dal serratus nell'azione equilibratrice;
4) una volta che il bilanciere - ad escursione non ancora terminata - si trova in perpendicolare sul volto, il tricipite diviene il principale gruppo deputato al lockout tramite 2 dei suoi capi (il capo lungo ha un ruolo marginale). In tale ultima fase, l'intervento di accompagno dell'avambraccio, atto a sostenere la sbarra e ad imprimere una leggera intrarotazione del polso assecondando così la presenza del sistema dei "cuscinetti" nel bilanciere, porta al completamento dell'esercizio.


This is the bench.....se vi pare! E lo è a livello fisiologico e biomeccanico , sia pur rispettando tecniche esecutive parzialmente mutate allorchè sussistano fini diversi da quelli propri della disciplina di competizione.
Taluni, in ottica di bodybuilding, cambieranno schemi, volumi, recuperi e numero di ripetizioni; adotteranno settaggi che non contempleranno l’arco lombare, il fermo, l’attrezzatura e quindi una determinata traiettoria; presumibilmente varieranno l’ampiezza dell’impugnatura, forse non terranno i gomiti sempre serrati in distensione e, ad ogni buon conto, preferiranno in qualche occasione una discesa eccentrica limitata, con fase sospensiva a pochi cm. dall’appoggio sul torace.
Ciononostante l'ottimizzazione del gesto, che si allinea al lavoro muscolare più proficuo, se è utile a smuovere più carico - non in conformità a regolamenti di gara ma in obbedienza a principi fisiologici di lavoro muscolare – converrà, beninteso in diversa misura, sia a chi di quel carico ne fa un obiettivo, sia a chi ne fa un mezzo e se ne serve per costruire adeguatamente un muscolo.
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MessaggioTitolo: Re: tecnica della panca   tecnica della panca EmptyVen Lug 01, 2011 8:18 am

Tonymusante ha scritto:
...............

The RAW BENCH PRESS
Analisi e riflessioni in ordine alla biomeccanica dell’alzata eseguita unequipped.
.......


Interessante come sempre Very Happy
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MessaggioTitolo: Re: tecnica della panca   tecnica della panca EmptyVen Lug 01, 2011 2:04 pm

Letto tutto che avevo un po' di tempo...molto molto interessante!
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MessaggioTitolo: Re: tecnica della panca   tecnica della panca EmptyGio Dic 22, 2011 12:04 pm

per la cronaca, l'ultima edizione dell'articolo "the bench is THE BENCH" è ora pubblicato sul sito dell'Accademia Italiana della Forza, nell'ambito dell'Accademia Italiana Powerlifting della FIPL, raggiungibile con [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link] oppure [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link] o direttamente dal link situato in home page sul sito ufficiale FIPL.
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